Wonder: L’importanza dell’inclusione e il valore della diversità
Si sente spesso parlare di diversità e inclusione. Due termini all’apparenza contrapposti eppure, in un certo senso, comuni tra loro. Come due facce della stessa medaglia.
Ma cosa significa veramente la parola diversità? Ci sono molti modi con cui potremmo definirla: discordanza di opinioni, differenza di carattere, estraneità di pensiero rispetto al sentire comune, disuguaglianza etnica, solo per citarne alcuni.
In breve, si tratta di una condizione per cui un individuo viene giudicato, o si definisce a sua volta, non alla pari degli altri, perciò considerato all’apparenza diverso dalla massa. Molto spesso questa concezione viene associata più comunemente a certi tipi di soggetti come ad esempio gli omosessuali, i disabili e gli emarginati.
Per varie ragioni la diversità è una caratteristica che porta anche alla discriminazione e, in moltissimi casi, anche all’emarginazione, sia per razza che per religione.
Basti ricordare l’epoca hitleriana e le leggi razziali che ne conseguirono, la costante paura del diverso che divampava in ogni angolo. La paura di non riuscire a comprendere ciò che non si conosce, ciò che è diverso da noi.
È la stessa paura dell’ignoto che fa compiere gesti imprevedibili ed estremi.
Esistono molti casi quindi in cui la diversità viene, il più delle volte, considerata come qualcosa di negativo e per questo motivo si dà origine a fenomeni come il bullismo, l’abilismo, l’omobilesbotransfobia e il razzismo.
Si tratta di comportamenti estremamente gravi che possono portare anche ad una sensazione di smarrimento nella persona che ne è vittima, la stessa che viene poi isolata.
Un fatto di cronaca molto discusso è stato quello della quattordicenne, Carolina Picchio, che il 5 gennaio 2013 si è gettata dalla finestra della sua casa a Novara, dopo l’ennesimo insulto che i suoi coetanei le avevano scagliato contro sui social. Lei ha deciso di andarsene, ma lasciando un messaggio molto forte scritto sul suo biglietto d’addio: “Le parole fanno più male delle botte”.
Da allora “Fondazione Carolina” è a fianco dei ragazzi e delle loro famiglie e il padre della ragazza si impegna ogni giorno a raccontare al mondo la storia di sua figlia, per evitare che altri ragazzi come lei possano patire lo stesso tormento.
Un altro caso di particolare rilevanza è stato anche quello della ragazzina di tredici anni che a Bologna, il 21 maggio 2021, ha subito offese e vessazioni da alcune compagne di classe, le quali in seguito sono state denunciate dalla famiglia.
A causa di ciò la ragazza è stata per molto tempo in cura presso gli psicologi, smettendo addirittura di mangiare e dimagrendo a tal punto da essere costretta al ricovero. È arrivata persino ad elaborare l’idea del suicidio.
Un’altra notizia che ha sconvolto parecchio l’opinione pubblica è anche quella del ragazzino dodicenne che, lo scorso anno, nella provincia di Livorno, è stato brutalmente aggredito, pestato e insultato con epiteti razzisti perché ebreo. Tornato a casa con il volto tumefatto e il corpo ricoperto di lividi ed escoriazioni, in lacrime ha confessato quanto accaduto al padre il quale ha poi informato il sindaco e presentato denuncia contro le due quindicenni responsabili della violenza. Tutto questo è accaduto alla vigilia della giornata della memoria.
A sentire storie del genere viene da riflettere molto sulle circostanze che hanno portato a compiere questi gesti folli e insensati.
Che cosa può scattare nella mente di un ragazzino vittima di bullismo? Cosa prova veramente una ragazza che per molto tempo è stata vessata sui social? Questi avvenimenti si sarebbero potuti evitare, se solo qualcuno si fosse accorto di quello che stava accadendo? Siamo davvero così presi da noi stessi e dalle nostre vite frenetiche da non renderci conto di ciò che ci circonda?
Non credo che avremo mai una risposta a queste domande, ma una cosa posso dirla con certezza: le parole fanno davvero male, soprattutto se utilizzate per infliggere dolore a persone che non sono in grado di difendersi oppure non hanno la forza necessaria per farlo.
Le ferite del corpo col tempo guariscono, ma quelle dell’anima rimarranno per sempre indelebili nella memoria.
A volte anche io mi sono sentita diversa dalle altre ragazze della mia età, a causa della mia disabilità. Loro che hanno una sinuosità e un portamento perfetto mentre io sono costretta ad indossare una corazza che mi consente di correggere la mia postura, poiché senza non riuscirei a rimanere seduta correttamente.
Ma questa mia diversità non mi ha mai fatto sentire isolata dagli altri, grazie ai miei insegnanti che mi hanno sempre inclusa nel gruppo e anche i miei compagni di classe sono sempre stati molto disponibili nei miei confronti, senza causarmi mai alcun tipo di problema.
Sono stata davvero fortunata.
Eppure, ci sono giovani che ancora oggi vengono giudicati a causa del loro aspetto fisico, chi per un piccolo difetto motorio, chi per la difficoltà di riuscire a mettere insieme delle lettere (è il caso di chi è affetto da dislessia), per chi è sovrappeso, per chi ha un diverso orientamento sessuale o per chi, a causa di un disturbo psicologico o un problema emotivo che non è in grado di controllare, non riesce a sentirsi veramente parte integrante di un gruppo.
Oggi le persone tendono a giudicare gli altri solo dalla prima immagine che vedono, come se oltre la loro maschera non ci fosse un nuovo universo da scoprire.
Invece c’è, eccome.
Ho sempre paragonato le persone ai colori, pensando che ognuno possieda una sfumatura differente che mi piace svelare a poco a poco.
Andare oltre, scoprire, svelare, sono tutte azioni necessarie per includere davvero qualcuno.
La parola inclusione, letteralmente, significa far entrare un individuo o un oggetto in un determinato gruppo o contesto sociale. Ciò vuol dire dunque che l’individuo viene accolto, senza alcuna discriminazione di razza o genere.
Accogliere significa innanzitutto essere ben disposti verso l’altro, nonostante le varie difficoltà che ciò può comportare.
Ad oggi, esistono molte iniziative a favore dell’inclusione, come, ad esempio, quelle volte a sostenere gli studenti che necessitano di bisogni educativi speciali, per valorizzare maggiormente la loro unicità.
Per fare questo, la scuola necessita di figure professionali come gli educatori e gli insegnanti di sostegno che guidano gli studenti attraverso il loro percorso di sviluppo con materiali e strumenti adeguati alle loro esigenze.
Diversità significa unicità.
E la società di oggi dovrebbe riflettere molto attentamente sulle sue diverse forme, rendersi finalmente conto che non esistono solo il bianco e il nero ma che la vita è composta di diversi colori, che il mondo non è fatto per essere visto solo attraverso gli occhi, ma soprattutto con il cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi.
Esistono anime friabili che con una semplice morsa sono capaci di sgretolarsi, ma allo stesso tempo di rialzarsi l’istante dopo grazie a una carezza e una mano tesa per poi accorgersi di poter brillare ancor più di prima. Perché l’oscurità non può veramente impadronirsi di tutto ciò che incontra sul proprio cammino, c’è sempre un barlume di speranza in ognuno di noi. La stessa che vedo riflessa negli occhi di molti ragazzi. E gli occhi non mentono mai. Forse per questo si dice che siano lo specchio dell’anima, perché sono in grado di esprimere anche quella verità che non si può pronunciare a parole.
A volte basterebbe davvero poco per fare la differenza. Per rendere il mondo un posto migliore in cui vivere, per abbattere quelle barriere che circondano la nostra società.
La diversità non è un difetto, ma un valore aggiuntivo.
Non è qualcosa da cancellare o nascondere, ma qualcosa da difendere.
Sempre.
Grazie per questo articolo e per queste parole perché molti ne hanno davvero bisogno.
Grazie a te, sono felice che ti piaccia 🥰❤️
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