Wonder – La SMA oltre i confini
La SMA oltre i confini
Nella vita siamo tutti costretti prima o poi a fare i conti con molti avvenimenti che rischiano di sconvolgere la nostra esistenza, mettendoci di fronte a parecchie avversità.
Come nel mio caso che dal primo momento ho dovuto convivere giorno per giorno con la mia malattia.
L’Atrofia Muscolare Spinale (più comunemente nota con l’acronimo SMA) è una malattia neurodegenerativa genetica che compromette la normale funzione dei muscoli della persona che ne è affetta.
Più specificamente si tratta di una rara condizione patologica caratterizzata dal progressivo indebolimento dei muscoli scheletrici, nonché della normale funzione respiratoria.
Ciò è possibile grazie ad un particolare gene ereditato dai genitori.
Entrambi i genitori di figli con SMA sono generalmente portatori sani, cioè non manifestano alcun sintomo, ma possono trasmettere il difetto genetico ai figli.
Due portatori sani hanno il 25% di probabilità di generare un figlio malato e uno sano, e il 50% di avere un figlio anch’esso portatore sano della patologia.
Attualmente esistono quattro tipi di SMA, che variano dalla forma più complessa a quella meno grave.
Ad oggi, la SMA di tipo 1 (la stessa dalla quale io sono affetta) è considerata la forma più aggressiva della patologia, poiché i bambini che ne vengono colpiti non sono in grado di camminare né di mantenere una postura eretta e né, tantomeno, di nutrirsi autonomamente e di deglutire.
Sebbene i nostri muscoli siano estremamente deboli a volte siamo comunque in grado di muovere piccole parti del corpo come mani, piedi e occhi, e grazie ad apposite apparecchiature tecnologiche abbiamo la possibilità di interfacciarci con il mondo che ci circonda.
Come già detto in precedenza il decorso della malattia, oltre ad aggredire inevitabilmente tutti i muscoli del corpo, può compromettere in modo permanente anche il sistema respiratorio. Per questo motivo i pazienti vengono assistiti 24 ore su 24 attraverso una ventilazione meccanica che può essere differenziata in due tipologie diverse a seconda delle circostanze: ventilazione invasiva e ventilazione non invasiva.
La prima necessita prevalentemente di una procedura di tracheostomia, grazie alla quale il paziente viene collegato ad un ventilatore che ha il compito di trasmettere aria ai polmoni.
La seconda, invece, prevede una maschera facciale, un boccaglio o un casco.
Un’altra forma di ventilazione non invasiva, ma molto meno diffusa e ormai in disuso, è la “corazzina”: un dispositivo che viene fatto aderire alla gabbia toracica e che espande in modo meccanico i polmoni consentendo al paziente di respirare.
Anche io ho avuto modo di provare questo apparecchio sulla mia pelle quando ero solo una bambina.
A quel tempo avevo circa due anni ed ero ricoverata nel reparto di terapia intensiva del Fatebenefratelli, a Milano.
Fortunatamente posso dire di non aver ricordi di quel periodo, ma i miei genitori mi hanno raccontato che per parecchi mesi i medici hanno tentato di farmi respirare attraverso questo apparecchio a detta loro “innovativo” ma, a causa delle profonde piaghe provocate dal continuo attrito del macchinario contro la pelle, hanno dovuto sospendere questa tipologia di ventilazione e, in seguito, procedere con la più invasiva tracheostomia, ovvero una procedura chirurgica che consiste nell’eseguire un’incisione permanente nella trachea in cui si inserisce una cannula per la ventilazione meccanica.
Ancora oggi, dopo quasi vent’anni, porto le cicatrici indelebili di quel periodo.
Solitamente con l’insorgere della patologia si possono verificare varie complicanze, soprattutto legate alla respirazione che va tenuta costantemente sotto controllo.
La patologia, come già detto in precedenza, colpisce tutti i muscoli del corpo, tra i quali anche quelli del sistema digestivo, impedendo alle persone che ne sono affette di alimentarsi in modo autonomo e di ingerire cibi solidi e bevande.
In questo caso i pazienti vengono assistiti con la Gastrostomia Endoscopica Percutanea (PEG), una procedura chirurgica attraverso cui viene posizionato nello stomaco un piccolo tubicino in seguito collegato a un dispositivo che permette la somministrazione di cibi liquidi e farmaci direttamente nello stomaco.
Oltre ai ragazzi con la SMA questa procedura viene utilizzata molto spesso anche in vari casi di malnutrizione.
I bambini con SMA 1 generalmente ricevono la diagnosi prima dei 6 mesi di età, molti addirittura prima dei 3 mesi.
La SMA di tipo 2, a differenza della SMA 1, è una forma della patologia che permette ai bambini di conservare la capacità di respirare autonomamente e di muovere gli arti superiori del corpo, ma non quelli inferiori. Queste persone, infatti, non sono in grado di deambulare in modo autonomo ma possono mantenere una posizione eretta stando seduti. La diagnosi viene fornita prevalentemente intorno ai 7 e i 18 mesi.
La SMA 3 porta nei ragazzi una debolezza minima ma che consente loro di spostarsi e camminare senza alcun supporto solo fino ad una certa età, variabile a seconda dei casi. Viene diagnosticata nei bambini con un’età compresa tra i 18 mesi e la prima adolescenza.
La SMA 4 invece è una forma meno comune rispetto alle altre e può manifestarsi soltanto in età adulta.
Essa di solito non esclude la possibilità di rimanere in piedi o di camminare. Infatti la debilitazione dei muscoli in queste persone è molto lieve e sono molto rari i casi in cui necessitano di una sedia a rotelle.
C’è da precisare inoltre che la SMA in generale non porta in alcun modo a sviluppare difficoltà cognitive nelle persone.
Tutti noi che ne siamo affetti, in un modo o nell’altro, possiamo condurre un’esistenza normale e, nonostante le barriere che la vita ci impone continuamente, siamo in grado di raggiungere i nostri traguardi e possiamo farlo attraverso le nostre sole forze.
Molti hanno anche la straordinaria abilità di sviluppare talenti nascosti, apprendere molto più velocemente e fare esperienze sempre nuove nel corso degli anni.
Alcuni sostengono anche che noi persone disabili abbiamo quella “marcia in più” rispetto agli altri, anche se nel mio caso non so se sia del tutto vero. Forse è così, ma chi può dirlo con certezza?
Ho sempre pensato che negli esseri umani, oltre alla forza fisica, ce ne fosse una superiore e ineguagliabile. È quella forza di volontà che ci consente di andare avanti senza mai arrenderci di fronte alle avversità della vita, che ci spinge a tentare e ritentare in ogni caso. Una voce che ci sprona ad andare oltre i nostri limiti, anche quando sembra impossibile.
Forse è questo il vero significato dell’esistenza: la vita potrà piegarti più e più volte, ma non potrà mai spezzarti definitivamente, a meno che non sia tu a volerlo.
Per vivere una vita appieno, bisogna andare avanti e lottare con le unghie e con i denti.
La SMA in questo senso non mi ha mai impedito di realizzare i miei sogni né di diventare quella che sono oggi. Al contrario, forse è stata quel mezzo necessario che mi ha dato modo di riscoprire le mie potenzialità in una realtà del tutto avversa. Di rifiorire nonostante tutto.
Sì, le mie gambe non hanno la forza necessaria per sostenere il mio corpo, il mio corpo forse non sarà mai come quello degli altri miei coetanei.
Ma le catene che gli impediscono di muoversi non saranno mai in grado di bloccarmi lungo la strada verso il mio futuro.
Le parole mi aiutano ad andare oltre i miei limiti. Mi piace pensare che attraverso di loro io riesca a raggiungere il cuore delle persone.
È questo il motivo che mi spinge a scrivere, liberare i miei pensieri e dare loro una forma, affinché un giorno possano essere di conforto a qualcuno. Le parole che si celano nel cuore sono come ali che permettono anche a me di spiccare il volo.
Finalmente libera dalle catene.