Via Veneto Contemporanea, con Erwin Wurm l’Arte contemporanea internazionale conquista la strada della Dolce Vita
Ieri, set di film che hanno contribuito a creare l’immaginario collettivo. Oggi, teatro di interventi di arte contemporanea. La strada della Dolce Vita torna grande protagonista della scena culturale romana, tra arte e cinema. Consacrata dal grande schermo con il capolavoro felliniano, oggi via Veneto si conferma spazio creativo, vivo e vitale, aperto al nuovo, grazie a un ricco calendario di appuntamenti, concepito per valorizzare la sua storia e far scoprire i fermenti del presente, proiettando così il suo scenario, le sue atmosfere, le sue suggestioni nel domani. Ecco allora, dal 25 settembre, “Via Veneto Contemporanea”, esposizione a cielo aperto di opere di Erwin Wurm, artista austriaco di fama internazionale, e, a precederla e introdurla, dal 23, a Casa del Cinema, Via Veneto Ieri e oggi, programma di proiezioni ad hoc che ripercorrono il “mito” della Dolce Vita.
A dialogare, in un’interessante trama di solleciti, sono le memorie della vita cittadina, l’immaginario alimentato dai film e il nuovo percorso espositivo, che vede l’arte occupare gli spazi pubblici, andando fuori dalle aree ad essa abitualmente deputate, assicurando un’esperienza espositiva dinamica e in assoluta sicurezza. E “sorprendendo” visitatori, appassionati, nonché curiosi e semplici passanti. Obiettivo, offrire “sguardi” inusitati sulla strada e, attraverso di essa, sulla città e invitare i romani a riscoprire la zona, nella forza delle sue memorie, ma anche, ad oggi meno indagata, nell’energia della sua contemporaneità.
Tra “Performative Sculptures”, le cosiddette “Sculture Tascabili”, anche tre grandi figure in bronzo della serie “Sculture a metà” dipinte di rosa, nella tonalità delle gomme da masticare, sono quattordici gli interventi di Erwin Wurm, che, dal 25 settembre al 14 novembre, comporranno il percorso di “Via Veneto Contemporanea”, a cura di Catherine Loewe, esposizione gratuita a cielo aperto, nella strada della Dolce Vita, dalle Mura Aureliane fino ai punti più iconici della via.
La mostra sarà la prima installazione urbana realizzata da Wurm a Roma ed è promossa da Roma Culture, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali.
L’arte contemporanea si fa così modo per rileggere scenari noti, tramite inusitate suggestioni che accendono i riflettori sulla città, catturando nuovi sguardi.
Non solo. In occasione della mostra, infatti, Casa del Cinema, il 23 settembre, dedicherà uno speciale programma di proiezioni e incontri, a ingresso gratuito, al mito della “Dolce Vita” (accesso libero fino a esaurimento posti). Cuore dell’iniziativa “Via Veneto Ieri e oggi”, la proiezione del capolavoro di Federico Fellini, “La dolce vita” (Italia, 1960, 178’), appunto, preceduta dalla presentazione con Sandra Milo e Pino Strabioli, alle 19.30, al teatro all’aperto Ettore Scola. Nello stesso pomeriggio, anche, alle 16, la proiezione di “Via Veneto”, di Giuseppe Lipartiti (Italia, 1963, 90’), che vede nel cast moltissimi protagonisti del cinema di quegli anni, come Cesare Miceli Picardi, anche nel cast del cult di Federico Fellini e nel successivo “Fellini 8 ½”. Alle 18, inoltre, “Via Veneto Set. La strada, il cinema, la vita” di Italo Moscati (Italia, 2006, 95’), affresco di Roma del cinema tra gli anni Cinquanta e Sessanta. Un vero e proprio percorso introduttivo alla “Dolce Vita” di ieri per riguardare alle suggestioni della strada e offrire nuovi spunti di lettura sulla zona, dove due giorni dopo sarà inaugurata la mostra di Erwin Wurm.
Venuto alla ribalta a fine anni ‘90 con le sue One Minute Sculptures, incentrate sull’interazione tra le opere e il corpo degli spettatori, Wurm, classe 1954, fa di “gioco” e provocazione gli strumenti per indagare e superare i confini materiali e concettuali della scultura. I lavori, irriverenti e di grande impatto, spesso portano in primo piano, in dimensioni monumentali, oggetti di uso comune, coinvolgendo in modo diretto l’osservatore. Ad essere investigati e illustrati sono elementi – e, di rimando, aspetti – intimi del quotidiano, abitualmente confortanti, che, proprio per le grandi e grandissime dimensioni, sembrano incombenti. Sorriso e sorpresa, ma anche malinconia, forse una nota di inquietudine, diventano gli strumenti per sollecitare la riflessione sulla vita e su noi stessi.
Nel percorso, alcune opere iconiche dell’artista. Ecco allora, incorniciata dall’arco di Porta Pinciana, Big Mutter (2015), borsa dell’acqua calda di grandi dimensioni che si regge sulle proprie gambe, omaggio a cura e affetto che le madri dimostrano per i propri figli. Ed ecco Boot, Butter e Boxing Glove (2015-16) nella serie delle Performative Sculptures. Poi, le Sculture Tascabili, serie di borse e valigie su gambe (2017-21). Di opera in opera, ad essere raccontate sono ricerca e filosofia dell’artista, indagate però anche in relazione al luogo e al momento. Così, ad esempio, contemplando Fat House (2003) tornano alla mente eccessi e golosità del cinema felliniano, ma è inevitabile pensare pure al significato di casa, specie in epoca di pandemia, e, ovviamente, al messaggio insito nell’opera che si fa vivace critica alla nostra ossessione per la dieta e per la magrezza.
Via Veneto e, più in generale, Roma, dunque, si rivelano teatro ideale per la riflessione artistica di Wurm. Fuse in alluminio e bronzo e, in questo modo, consacrate all’eternità, le sue Valigie rendono “infinito” l’istante. Oggetti comuni, apparentemente banali, vengono elevati allo status di opere arte. La loro presenza, nel centro storico di Roma, diviene provocazione e invito – ironico ma serio – a meditare su come e quanto si possa dare al quotidiano una dimensione aulica. La “passeggiata” in via Veneto offre l’occasione, di fatto, per guardarci allo specchio, interrogarci su chi siamo e su come siamo diventati. Magari anche su come vorremmo essere.
Erwin Wurm (Bruck an der Mur, 1954) ha conquistato i riflettori internazionali, a fine anni ‘90 , con le One Minute Sculptures, nelle quali proponeva l’interazione tra le opere e il corpo degli spettatori. Nel tempo, le sue sculture hanno iniziato a prendere fattezze umane. Le sue opere antropomorfe come Big Mutter, Big Coat e le sue Bag, sono appoggiate su gambe con caratteristiche o posture che evocano personalità distinte. Surreale e iperreale allo stesso tempo, il suo lavoro sembra situato in una dimensione esistenzialista a metà tra il piacere e la disperazione. Nella sua serie Verschnittskulpturen di bronzi senza testa costituiti da figure affettate e tagliate a dadini, gli abiti sembrano assumere una vita propria. Wurm ha ricevuto numerosi riconoscimenti: nel 2013, il Gran Premio dallo Stato Austriaco. Nel 2015 è diventato Austriaco dell’anno nella categoria dei Beni Culturali. Ha partecipato due volte alla Biennale di Venezia, la prima alla 54a Biennale di Venezia nel 2011, esponendo la sua installazione Narrow House a Palazzo Cavalli Franchetti nell’ambito dell’evento Glasstress. È tornato a Venezia per la 57a Biennale nel 2017, dove ha rappresentato l’Austria nel padiglione nazionale.
Il lavoro di Wurm si trova nelle collezioni permanenti di molti musei in tutto il mondo, tra cui MoMA, The Museum of Modern Art di New York, Centre Georges Pompidou di Parigi, Tate Modern di Londra, Museum Ludwig di Colonia, Albertina di Vienna, Baltimore Museum of Art, Kunsthaus Zurich, National Gallery of Victoria a Melbourne, Collezione Peggy Guggenheim di Venezia, National Museum of Art, Osaka, Vancouver Art Gallery e Walker Art Center a Minneapolis.
Informazioni per il pubblico: 060608 (tutti i giorni, ore 9-19)
SCHEDA
CASA DEL CINEMA
VIA VENETO IERI E OGGI
PROGRAMMA
23 settembre 2021
SALA DELUXE | 16:00
Via Veneto di Giuseppe Lipartiti (Italia, 1963, 90’)
Con Gérard Bain, Cristina Gaioni, Michèle Mercier, Claudio Gora, Leopoldo Trieste, Frank Wolff, Maurizio Arena, Margaret lee, Mario Brega, Donatella Turri, Umberto D’Orsi.
Renato (Gérard Blain) è l’ingenuo provinciale assoldato come segretario dal cinico Marzio Basile, nostalgico nazifascista che vive di espedienti nella Roma del boom economico. Costui infatti, pur non avendo mai una lira, riesce a condurre una vita dispendiosa, raggirando ignari provinciali. Con questa prestigiosa ed appariscente facciata Marzio convince uno sprovveduto quanto ricco provinciale a finanziare un film con i proventi ricavati dalla svendita di una partita di pomodori. Il provinciale arriva a Roma e Marzio, con il segretario Renato e due aspiranti attrici, lo inizia ai misteri della “dolce vita” romana. Ma basta un elemento imprevisto – un assegno a vuoto che proprio Renato gli consegna senza capire in che guaio si sta cacciando – a far crollare il fantasioso castello di menzogne e di tranelli costruito da Marzio. Con la rovina del fantomatico progetto, le due aspiranti attrici e Renato si accorgono della vacuità di un mondo falso e corrotto.
SALA DELUXE | 18:00
Via Veneto Set. La strada, il cinema, la vita di Italo Moscati (Italia, 2006, 95’)
Sotto i riflettori, Roma e il mondo del cinema tra gli anni Cinquanta e Sessanta. Così, la felliniana “Dolce vita” ma anche il polo d’attrazione di divi come Richard Burton, Elizabeth Taylor, Kirk Douglas, Gregory Peck, Gloria Swanson, Jane Mansfield, Charlton Heston, i muscle boys, miss Italia e così via. Ancora, l’ex re Faruk e i principi arabi, i grandi industriali e affaristi, i latin lover, i playboy, le spogliarelliste.
Via Veneto è lo sfondo di numerosi film, al di là di quello di Fellini. Ad esempio, Sciuscià che si apre con una scena girata a Via Veneto tra i lustrascarpe del dopoguerra. Proprio da queste immagini parte il docufilm che arriva al 1963, quando si concluse la lavorazione di Cleopatra. Non mancano immagini e storie dei personaggi dell’arte, del giornalismo, dell’aristocrazia, della moda. Il racconto si sviluppa attraverso documenti degli archivi di Istituto Luce e RaiTeche, con materiali che risalgono addirittura agli anni Venti. Ai filmati si affiancano materiali fotografici, frutto del lavoro dei “paparazzi”. Uno degli scopi del film è quello di viaggiare verso il mito, la leggenda di Via Veneto, creati dal film di Fellini che segnano in pratica la fine degli anni della cosiddetta Hollywood sul Tevere. Una produzione RaiSatCinema, Istituto Luce, Rai Teche.
TEATRO ALL’APERTO ETTORE SCOLA | 19:30
Presentazione con Sandra Milo e Pino Strabioli
La dolce vita di Federico Fellini (Italia, 1960, 178’)
Con Marcello Mastroianni, Anita Ekberg, Anouk Aimée, Yvonne Furneaux, Magali Noël, Alain Cuny, Annibale Ninchi, Walter Santesso, Valeria Ciangottini, Mino Doro, Audrey McDonald, Jacques Sernas, Polidor, Lex Barker, Laura Betti, Enzo Cerusico, Adriano Celentano, Riccardo Garrone, Nadia Gray, Giuliana Lojodice, Umberto Orsini e Liana Orfei.
Considerato uno dei capolavori di Fellini e tra i più celebri film della storia del cinema, fu vincitore della Palma d’oro al 13º Festival di Cannes e dell’Oscar ai migliori costumi. Al centro di una storia erratica, fatta di quadri e situazioni che si concatenano secondo un simbolismo solo apparentemente trasparente, c’è Marcello Rubini, un giornalista specializzato in cronaca mondana che coltiva l’ambizione di diventare un romanziere. Il film, ambientato a Roma, lo segue attraverso una serie di episodi – di cui egli, grazie anche al suo lavoro, è protagonista o testimone privilegiato – che offrono una rappresentazione di vari aspetti della vita apparentemente gratificante del jet-set della città, con i suoi riti, le sue nevrosi e i suoi drammi. Le riprese del film che fa da spartiacque a due generazioni del cinema italiano cominciarono – secondo il diario di Tullio Kezich – il 16 marzo 1959 alle ore 11:35 dirette dall’aiuto regista Gianfranco Mingozzi e si conclusero nell’agosto 1959. In sei mesi furono girati circa 92.000 metri di pellicola, che nell’edizione definitiva vengono ridotti a 5.000. Ne furono montate 4 ore poi ridotte a 3 con dei tagli voluti quasi interamente dall’autore. Gran parte delle scene furono girate in studios cinematografici; furono allestiti circa 80 set diversi. In alcuni casi si dovette procedere alla creazione di una ricostruzione fedele, come le scene di Via Veneto, realizzate al Teatro 5 di Cinecittà per ovviare all’inclinazione della strada originale.
Nonostante le fosche previsioni del primo produttore (Dino De Laurentiis che poi cedette il passo ad Angelo Rizzoli e Giuseppe Amato) e del distributore, dopo quindici giorni di proiezione il film aveva già coperto le spese del produttore (circa 540 milioni di lire). Dopo tre o quattro settimane era in vista del miliardo di lire e dopo due mesi di programmazione gli incassi superarono il miliardo e mezzo. Secondo il sito IMDB l’incasso negli Stati Uniti fu pari a 19.571.000 dollari di allora, più altri 8.000.000 di dollari derivanti dal noleggio. Alla fine della stagione cinematografica 1959-60 risultò il maggior incasso dell’annata in Italia con 2.271.000.000 di lire dell’epoca.
Al di là dei meriti artistici, La dolce vita fu un autentico fenomeno di costume, a partire dal pullover indossato da Marcello Mastroianni da allora ribattezzato “dolcevita”. Dalla parodia di Totò e Peppino girata l’anno dopo negli stessi studi di Cinecittà alle scoperte citazioni di Woody Allen (Manhattan e Celebrity), fino a La grande bellezza di Paolo Sorrentino, sono moltissimi i rimandi e le influenze riscontrabili nel cinema dopo l’apparizione di questo capolavoro. Si ringrazia per la disponibilità Mediaset che ha restaurato il film nell’ambito del progetto “Cinema Forever”.
Ingresso libero fino a esaurimento posti
Per informazioni: www.casadelcinema.it