"Un giorno in Pretura", l'ingiustizia sulla pelle
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“Un giorno in Pretura”, l’ingiustizia sulla pelle

La storia di Emmanuel Bonsu

"Un giorno in Pretura", l'ingiustizia sulla pelle
Nuovo appuntamento con “Un giorno in Pretura”, la trasmissione di Roberta Petrelluzzi, Tommi Liberti e Antonella Nafra, in onda sabato 12 ottobre alle 23.40 su Rai 3 con la puntata dal titolo ““L’ingiustizia sulla pelle” di Francesco Giulioli: un caso di abuso in divisa che inizia con uno scambio di persona e finisce scuotendo una città tranquilla come Parma. È la storia di Emmanuel Bonsu, uno studente di origine ghanese finito per sbaglio in un’improbabile retata antidroga organizzata dai vigili urbani. Vittima di percosse e di insulti razzisti, sceglierà di non rimanere in silenzio e di mobilitare l’attenzione pubblica sul suo caso. Una storia esemplare che a distanza di anni ancora interroga l’amministrazione della città chiedendo giustizia.
Bonsu, 22 anni, di origine ghanese, viene fermato, colpito a sangue, denigrato e offeso da un gruppo di dieci vigili urbani a Parma. Questa violenza rappresenta uno dei casi di razzismo istituzionale più gravi compiuti nel nostro paese. Vi è stato un tentativo iniziale (ma proseguito anche nel corso dell’iter giudiziario) di negare la gravità e la responsabilità dell’accaduto da parte sia dei vigili che dell’istituzione che rappresentavano, contando, evidentemente, su una presunzione di impunità spudorata. Le dichiarazioni di Emmanuel, la raccolta di testimonianze e alcuni elementi probatori inoppugnabili conducono all’emissione di un avviso di garanzia nei confronti di dieci vigili, tra i quali figurano un ispettore capo e un commissario. Le accuse sono molto gravi: percosse aggravate, calunnia, ingiuria, insulti razzisti e minacce, perquisizione arbitraria, abuso d’ufficio, falso ideologico e materiale, sequestro di persona.
Oggi, Emmanuel Bonsu non vive più nel nostro paese, si è trasferito a Londra nel 2014. C’è da chiedersi se non abbia contribuito a questa scelta anche la pressione psicologica subita per il dilungarsi infinito dell’iter giudiziario, che ha portato nel 2018 (dieci anni dopo) a una condanna definitiva.

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