Sumac Space presenta la mostra UNCONQUERED SPIRITS 9 artisti del Middle East si confrontano sulla discriminazione, la violenza e l’abuso di potere
SUMAC SPACE, progetto dedicato all’arte contemporanea del Middle East , prosegue il suo programma con la quarta mostra UNCONQUERED SPIRITS a cura di Didem Yazıcı, online dal 6 aprile fino al 1 giugno sulla piattaforma WWW.SUMAC.SPACE
I nove artisti invitati, 6 donne e 3 uomini, Noor Abuarafeh, Ulf Aminde, James Gregor Atkinson, Hanan Benammar, Mustafa Emin Büyükcoşkun, Cansu Çakar, Istihar Kalach, Rojda Tuğrul e Ülkü Süngün nelle opere qui presentate si confrontano con la discriminazione e la violenza, mettendo in discussione l’abuso delle dinamiche di potere e stravolgendo le strutture razziste interiorizzate.
“Al centro della programmazione artistica e dell’approccio editoriale di Sumac Space c’è il nostro obiettivo di far sentire voci diverse. Crediamo nel ruolo insostituibile degli artisti nel re-immaginare e modellare il nostro passato, presente e futuro e che essi debbano avere un luogo pubblico per dar voce alla loro ricerca e alle loro diverse forme di espressione.” – dichiarano Katharina Ehrl e Davood Madadpoor, curatori e ideatori di Sumac Space.
UNCONQUERED SPIRITS riunisce le opere degli artisti Noor Abuarafeh, Ulf Aminde, James Gregor Atkinson, Hanan Benammar, Mustafa Emin Büyükcoşkun, Cansu Çakar, Istihar Kalach, Rojda Tuğrul e Ülkü Süngün.
Cosa raccontano gli eventi dimenticati o sottorappresentati nella scrittura della storia e nella politica della vita quotidiana? Se si rintracciano, dove possono condurre oggi le memorie personali e collettive, gli oggetti mancanti o le storie non raccontate? Partendo da queste domande, gli artisti si confrontano nelle loro opere con diverse forme di strutture di potere come l’istituzione, l’archivio, la discriminazione e la violenza di stato, mettendo in discussione l’abuso delle dinamiche di potere e sconvolgendo le strutture razziste interiorizzate.
In un momento in cui le ingiustizie sociali, politiche e ambientali sembrano opprimenti, si tende a perdere la speranza, la speranza di più uguaglianza, giustizia e aria fresca da respirare. In “Hope In The Dark”, un libro che traccia la storia dell’attivismo e del cambiamento sociale negli ultimi decenni, la scrittrice Rebecca Solnit ha scritto: “La resistenza è prima di tutto una questione di principio e un modo di vivere, per fare di te stesso una piccola repubblica di spirito non conquistato. Si spera nei risultati, ma non si dipende da essi”.
Tutti i lavori qui presentati hanno una propria natura di protesta e un linguaggio distintivo di narrazione basato su esperienze o testimonianze personali molto diverse tra esse: attraverso un viaggio di solidarietà; un antico mosaico di Hagia Sophia; una parte non scritta della storia dell’arte mediorientale; una giustapposizione del pugno del potere nero e del saluto del potere bianco; una documentazione del sito storico Hasankeyf prima della sua distruzione; una maschera che mangia Romolo e Remo; la problematizzazione del termine ‘ideologia del deserto’ o un monologo fittizio sull’invenzione radicale delle istituzioni e dell’autogoverno, ogni opera nella mostra manifesta una forma di spirito non conquistato.
ARTISTI PRESENTI
Noor Abuarafeh, nata nel 1986 a Gerusalemme, Palestina. Il suo lavoro si rivolge alla memoria, alla storia, all’archivio e alle possibilità di rintracciare l’assenza. I video e le performance di Abuarafeh sono basati su testi che mettono in discussione la complessità della storia, come è modellata, costruita, fatta, percepita, visualizzata e compresa. E come tutti questi elementi siano legati al fatto e alla finzione, e la possibilità di immaginare il passato quando ci sono lacune nella documentazione.
Ulf Aminde, nato nel 1969 a Stoccarda, Germania. Vive e lavora a Berlino. Le produzioni di Aminde spesso trattano lo spazio pubblico e vengono mostrate anche lì. Molti di essi riguardano o addirittura iniziano collaborazioni e ambienti di apprendimento collettivo. Nel suo lavoro cinematografico tratta il potenziale di auto-emancipazione attraverso la telecamera performativa, gli effetti alienanti del documentario e le strategie di soggettivazione.
James Gregory Atkinson, nato nel 1981a Neuheim, Germania. Vive e lavora a Francoforte. La sua pratica risponde alla radicale incompletezza degli archivi ufficiali della storia e della cultura nera creando archivi e modi alternativi di incontrare il passato. Gli artisti queer e non bianchi hanno spesso dovuto lavorare ai margini, e il suo lavoro attraverso i mezzi di comunicazione attinge, edita e modifica le loro storie e le porta nel presente.
.Hanan Benammar, nata nel 1989 a Parigi. Vive e lavora a Oslo. L’artista franco-algerina lavora concettualmente su questioni geopolitiche, ambientali e sociali. La sua pratica spazia tra musica, installazioni sonore e video, performance, scultura e arte nello spazio pubblico.
Mustafa Emin Büyükcoşkun, nato nel 1988 a Istanbul. Vive e lavora tra Karlsruhe e Istanbul. La pratica di Büyükcoşkun si concentra sulle potenzialità dei media nel contesto della verità pubblica, in particolare del suono. Dopo aver lavorato come assistente e regista nel cinema, la sua pratica si è spostata sulla mediazione di immagini fisse e in movimento, decostruendo le metanarrazioni e decolonizzando le storiografie canoniche.
Cansu Çakar, nato nel 1988 a Istanbul. Vive e lavora a İzmir, Turchia. Çakar indaga su forme d’arte tradizionali come il disegno decorativo e la miniatura e integra queste tradizioni con pratiche e temi dell’arte contemporanea. Così articola il suo desiderio di liberare le forme di espressione tradizionali dalla loro classificazione stereotipata.
Istihar Kalach, nata nel 1990 a Berlino. Vive e lavora a Karlsruhe, Germania. Il suo lavoro artistico si basa sul sezionamento artistico di campi tematici sotto forma di serie complete di opere. I campi tematici sono alimentati dall’energia della connessione tra esperienze personali e sociali.
Ülkü Süngün, nata nel 1970 a Istanbul. Vive e lavora a Stoccarda, Germania. Attraverso vari mezzi come fotografie, installazioni, sculture e performance, l’artista affronta criticamente i temi della migrazione e dell’identità (politica) così come la memoria e la commemorazione. Il suo lavoro, spesso collaborativo e orientato al processo, persegue una forma di ricerca artistica e si occupa di questioni di emancipazione.
Rojda Tuğrul, nata nel 1986 a Diyarbakir, Turchia. Vive e lavora a Vienna. La sua pratica riguarda la nozione di identità in relazione allo spazio. Il suo progetto di ricerca di dottorato cerca di analizzare gli effetti della guerra sul patrimonio ecologico e culturale, nel quadro socio-politico dei territori curdi.
CURATRICE
Didem Yazıcı è una curatrice e scrittrice indipendente che vive a Karlsruhe, in Germania. Il suo lavoro curatoriale si ispira al pensiero trasversale che attraversa le discipline dentro e fuori l’arte, la potenzialità delle mostre come spazi socio-poetici, l’eredità del femminismo intersezionale e le storie globali delle mostre.
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