Stasera torna "Dante, la voce che parla di noi"

Stasera torna “Dante, la voce che parla di noi”

La sete di scoperta 

Stasera torna "Dante, la voce che parla di noi"

“Fatti non foste a viver come bruti…”: nell’ultima puntata di “Dante, la voce che parla di noi”, in onda martedì 26 marzo alle 21.10 in prima visione su Rai Storia, Aldo Cazzullo, attraverso la voce di Alessandro Preziosi, va alla scoperta delle figure che hanno trovato la loro salvezza nel Sapere, ma rivela anche il modo inaspettato in cui la conoscenza di Dante ha salvato la vita di poeti come Ungaretti.
Il rapporto tra Ungaretti e Dante attraverso la rilettura degli scritti danteschi e delle lezioni universitarie, esempio originale di dantismo novecentesco e al tempo stesso di rispecchiamento del poeta contemporaneo nell’opera del grande classico. Emerge così una rilettura di Ungaretti poeta, professore e critico, caratterizzata da elementi di poetica personale, eppure capace di affondi testuali lucidi e raffinati che illuminano la “Commedia” con intuizioni inedite. Questa analisi si concentra prevalentemente sulla dialettica tra luce ed ombra, effimero ed eterno come chiave di lettura della poesia dantesca, in particolare del canto I dell'”Inferno”, dominata dall’idea della caducità e dal contrasto tra “baratro” ed “empireo”, manifestazione di inquietudine moderna che Ungaretti reinterpreta nell’intreccio tra Dante, il Barocco e le poetiche novecentesche.
Cos’hanno in comune Dante Alighieri e Giuseppe Ungaretti, personaggi tanto distanti nel tempo? Non il semplice fatto che il secondo abbia letto e commentato la Commedia, non solo l’esser stati, oltre che protagonisti della storia letteraria italiana, anche uomini coinvolti nelle vicende militari delle loro nazioni (definendo tale la Firenze comunale). C’è di più: entrambi sono stati poeti e, nella descrizione poetica del loro dramma, hanno usato immagini, metafore e simbologie molto vicine, talvolta sovrapponibili. Sono stati entrambi uomini smarriti, sebbene per ragioni diverse: il padre della lingua italiana e il più incisivo narratore della Grande Guerra sono stati, per la loro epoca, simboli di una condizione esistenziale.

 

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