Stasera in tv torna l’appuntamento con “Wild Italy”
La sesta estinzione?
Il periodo più drammatico per l’ambiente in Italia fu il Secondo Dopoguerra, quando, usciti da un conflitto devastante, gli italiani conobbero un incremento demografico, una crescita dei consumi, una espansione industriale che determinarono la rapida erosione del territorio con lo sviluppo dei centri urbani, la riduzione della quantità e della qualità delle foreste, l’eliminazione delle ultime importanti aree palustri (la bonifica del Mezzano, a Comacchio, è degli anni Settanta), l’inquinamento di acqua, aria e suolo, l’industrializzazione dell’agricoltura, l’incremento esponenziale dell’attività venatoria e del bracconaggio, della pesca, l’interruzione del corso dei fiumi con imponenti dighe, la realizzazione delle grandi infrastrutture di trasporto e di collegamento e di sfruttamento turistico sulle coste e in montagna.
Si estinsero, in quegli anni, l’avvoltoio gipeto e quello monaco, la foca monaca, il lupo fu ridotto al lumicino, gli orsi nelle Alpi furono cancellati, il cervo sardo quasi sterminato. Altri venti anni così e non sarebbe rimasto più nulla.
Siamo nel bel mezzo della sesta estinzione di massa? Sì, secondo uno studio realizzato da un gruppo di biologi dell’Università delle Hawaii (Honolulu) e del Muséum National d’Histoire Naturelle (Parigi), pubblicato su Biological Reviews. «È in atto un aumento “drastico” dei tassi di estinzione di molte specie viventi», spiega Robert Cowie, il principale autore della ricerca: «è indiscutibile che stia avvenendo un calo nel numero di individui di specie sia animali sia vegetali».
La ricerca ha messo in risalto che dall’anno 1500 sarebbero scomparse dal nostro pianeta tra il 7,5 e il 13 per cento delle 2 milioni di specie conosciute.