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Caos rinnovabili. La battaglia sarda contro gli impianti
Nel mirino delle proteste gli obiettivi del Piano nazionale per l’energia e il clima (Pniec) che puntano a portare la capacità rinnovabile sarda da 2,2 a 6,2 gw entro il 2030.
Neppure il ddl della giunta regionale guidata dalla 5 stelle Alessandra Todde, che definisce idoneo ai nuovi impianti solo l’1% del territorio, è bastato ad abbassare la tensione. Il testo, che approderà tra pochi giorni in consiglio regionale, rischia di essere scavalcato da una legge di iniziativa popolare, la Pratobello24, ancor più restrittiva, che ha raccolto oltre 200 mila firme. Partendo da un Piano Energetico regionale che valuti il fabbisogno di energia nel 2040 l’isola sarà alimentata solo da fonti rinnovabili. Nell’ambito di un ventaglio di opzioni, domineranno principalmente il fotovoltaico e l’eolico (sia su terra ferma sia off-shore grazie agli elevati potenziali di ventosità dei mari della Sardegna, soprattutto nella zona ad occidente dell’isola). A queste tecnologie si sommeranno gli impianti idroelettrici, mettendo in efficienza quelli già esistenti. Si produrrà anche una quota di energia elettrica da onde, correnti marine. Le biomasse di filiera corta, di produzione locale, potranno giocare un ruolo importante nei sistemi di riscaldamento dei piccoli centri.