Stasera in tv torna l’appuntamento con Passato e Presente
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Stasera in tv torna l’appuntamento con Passato e Presente

La congiura napoletana dei Baroni

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Nel 1485 i più importanti feudatari del Regno di Napoli ordiscono una congiura ai danni del sovrano Ferrante d’Aragona. È l’esito di uno scontro iniziato più di quarant’anni prima. A “Passato e Presente”, in onda domenica 14 luglio alle 20.30 su Rai Storia, Paolo Mieli ne parla con la professoressa Vittoria Fiorelli. Già con l’ascesa al trono napoletano di Alfonso V d’Aragona, padre di Ferrante, era evidente il dissidio tra la monarchia, che rivendicava il ruolo di centro assoluto delle decisioni politiche, e i potenti feudatari del Regno, che non intendevano rinunciare al potere negoziale di cui tradizionalmente erano depositari. Con Ferrante il contrasto si inasprisce, diventando insanabile.

Il significato della congiura dei baroni, sviluppatasi tra il 1485 e il 1486, consiste fondamentalmente, come opportunamente fu sottolineato dallo storico Ernesto Pontieri, nella resistenza opposta dai baroni all’opera di modernizzazione dello Stato perseguita dagli Aragonesi a Napoli. Il re Ferdinando I di Napoli (o Ferrante) aveva mirato a dissolvere il particolarismo feudale e fare del potere regio la sola leva di vita del paese. In questo quadro, lo scontro con i baroni era sorto inevitabilmente attorno al problema di una «riforma organica dello Stato», i cui cardini erano la riduzione del potere baronale, lo sviluppo della vita economica e la promozione a classe dirigente dei nuovi imprenditori e mercanti napoletani.

Strumento di questa politica fu la riforma fiscale, che affidava nuovi compiti alle amministrazioni comunali (le università), incoraggiandole a sottrarsi, per quanto possibile, al peso feudale. Ed in verità è stato calcolato che allora nel Regno di Napoli, su 1 550 centri abitati, poco più di 100 erano assegnati al regio demanio, cioè alle dirette dipendenze del re e della corte, mentre tutti gli altri erano controllati dai baroni, il che significava che il potere nel suo complesso era titolare delle risorse del Regno.

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