Tra le notti più cupe e sanguinose del nazismo ce n’è una che segna l’affermazione definitiva del Terzo Reich. È quella passata alla storia come la notte dei lunghi coltelli, in cui Hitler stesso, pistola in pugno, guida un’operazione spietata contro i suoi oppositori, tra i quali vecchi amici come Ernst Röhm, capo delle S.A, la milizia armata del partito nazionalsocialista. A 90 anni di distanza, il professor Giovanni Sabbatucci rilegge questa pagina di storia con Paolo Mieli a “Passato e Presente”, il programma di Rai Cultura in onda domenica 30 giugno alle 20.30 su Rai Storia. Nella notte tra il 29 e il 30 giugno del 1934 le SS di Heinrich Himmler fanno irruzione in un albergo di Bad Wiessee, in Baviera, dove è in corso un raduno delle SA. È un bagno di sangue di tre giorni che dalla Baviera si estende fino a Berlino e ad altre città della Germania. Alla fine, si conteranno circa 200 persone uccise e oltre 1000 arrestate. Nelle liste di proscrizione compilate da Goering e Himmler, ci sono molti personaggi scomodi che vanno eliminati.
La stima totale del numero di vittime dell’epurazione risultò complessa poiché nel corso di tale evento avvenne per la prima volta un largo utilizzo dei forni crematori da parte dei nazisti al fine di far perdere le tracce degli omicidi. Secondo i dati forniti il 13 luglio dallo stesso Cancelliere del Reich, furono assassinate 71 persone, ma il totale delle vittime fu stimato tra 150 e 200; di 85 di esse si conosce il nome.
Hitler, conclusi gli arresti, diramò gli ordini per quanto riguardava il futuro delle SA: avrebbero dovuto avere cieca obbedienza solo verso di lui. Iniziò a stilare la lista dei reclusi che dovevano essere giustiziati e questa, priva del nome di Röhm, venne consegnata a Dietrich, che si occupò di eseguire l’ordine.