Stasera in tv torna l’appuntamento con Cinema Italia
Gli indifferenti

Giovanni Grazzini definì il film «…il più felice …di quelli derivati sinora da opere di Moravia». Nello stesso articolo, pur all’interno di una fedele ricostruzione degli ambienti descritti nel romanzo, egli indicava un tentativo di attualizzare il film, di renderlo più moderno, in particolare ricorrendo al tema antonioniano della solitudine. Lo stesso Alberto Moravia era consapevole di tale operazione. Su ciò si accese il confronto critico. Senza una traduzione più libera e storicizzata allo stesso tempo, privati del preciso contesto storico e sociale – l’inerzia, l’incapacità propositiva della borghesia italiana del periodo fascista, di fronte al crollo degli antichi valori – di cui era sincera espressione il romanzo, i personaggi apparivano «…vecchi, polverosi e, qua e là, addirittura stantii».
Né seria ricostruzione storica, né convincente attualizzazione dei temi del romanzo, il film fu avvertito come una non necessaria operazione commerciale, sorretta dalla popolarità di Moravia – undici trasposizioni cinematografiche di sue opere nel solo periodo 1960-1964 – e da un cast internazionale di notevole livello.
Solo consensi vi furono invece per lo staff tecnico, in particolare per la fotografia di Gianni Di Venanzo. In funzione di un’immagine «tragica, cadaverica, degenerata…», si cercò di lavorare con pochissima luce, «rischiando continuamente di andare in sottoesposizione, tanto che, ad un certo punto della lavorazione, Paulette Goddard ebbe ad esclamare: «Accendete la luce non ci si vede qui!».
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