Stasera in tv Tg2 Dossier “Da Biden a Trump”
La situazione in Ucraina e in Medio Oriente
«Gli ostaggi saranno rilasciati tra poco. L’intesa grazie alla mia vittoria». Parola di Donald Trump. La tregua fra Israele Hamas e la Jihad ha molte facce. Quella qatariana, per cominciare, perché è lì, a Doha, dove Hanyieh trovava dorato rifugio insieme a innumerevoli altri notabili prima di essere eliminato, che si annodavano pazientemente i fili di un accordo che attribuire a Antony Blinken e all’uscente Joe Biden o alla ferrea volontà di chiudere le ostilità da parte del nuovo inquilino della Casa Bianca è disputa al momento accademica se non futile. In tv, dopo l’annuncio, bastava passare in rassegna i volti ormai consegnati al tempo andato di “Sleepy Joe”, di Kamala Harris e dello sfortunato globetrotter Blinken (insieme a Alexander Haig durante la crisi delle Falkland il meno efficace fra i segretari di Stato) per cogliere il fatale cambio di passo dell’Amministrazione Trump. Perché un vincitore in realtà c’è ed è Benjamin Netanyahu. Tre volte redivivo (disastroso premier nel 1997, poi estromesso dalla corsa e di nuovo in sella quando scalza Kadima e guadagna il premierato alleandosi con l’ultradestra religiosa, quindi in caduta libera dopo il 7 ottobre), oggi il plurinquisito Netanyahu (sul suo capo pende anche un mandato di arresto per crimini di guerra da parte della Corte penale internazionale dell’Aja) svetta su una coltre di rovine e di desolazione, cosparsa di decine di migliaia di cadaveri, di rifugiati, di jihadisti e milizie allo sbando.