Stasera in TV: “Ilva. A denti stretti”, in un documentario la tragedia ambientale di Taranto
Stasera alle 23.00 su Rai2, “Ilva. A denti stretti”: film-documentario del regista e giornalista Stefano Maria Bianchi sulla tragedia ambientale della Città dei due Mari, Taranto. “Ilva. A denti stretti” perché è così che vivono i protagonisti di questa storia vera, con il morso serrato in una smorfia, in un insieme di dolore, rabbia e rassegnazione.
Un film a più voci, su una città e i suoi abitanti, realizzato con il rigore del doc di inchiesta e la forza drammatica della “presa diretta” che entra senza filtri nelle vite dei protagonisti. A tenere insieme il racconto, la storia di Chiara, 4 anni, del quartiere Paolo VI, uno dei due quartieri popolari più vicini al siderurgico: è la paziente numero zero del reparto di oncologia pediatrica dell’ospedale Santissima Annunziata di Taranto. Da lei partiranno le statistiche future dell’oncologia infantile a Taranto.
Nell’agosto del 2018, dopo l’allarme lanciato dal pediatra di famiglia, gli esami clinici confermano i sospetti: leucemia linfoblastica acuta. Una nidiata di “blasti”, cellule immonde prodotte dal suo stesso midollo, hanno fatto impazzire il sangue della piccola. Per Chiara e la sua famiglia comincia il calvario. Prelievo di midollo, chemioterapia, radioterapia, induzione, reinduzione, di nuovo prelievo di midollo, cortisone e ancora chemio. In un altalena di eventi drammatici e imperscrutabili. Intanto la città e i suoi abitanti continuano la loro vita “a denti stretti”.
Stringe i denti Luciano, l’ambientalista di Peace link, che segue alla lettera l’insegnamento di don Peppe Diana, incontrato a Lourdes nel 1991: “in nome di verità e giustizia difenderai la tua terra!” Per questo Luciano raccoglie dossier su dossier, sul micidiale mix di veleni (diossina, pcb e furani) che da anni la fabbrica sversa nell’aria, nelle falde, nei terreni e nel mare della città.
Poi la storia del Dott. Mazza che, per primo, dieci anni fa, e nel silenzio della comunità medica locale, denunciò i rischi epidemiologici delle leucemie nei quartieri a ridosso del siderurgico. Oggi, primario di ematologia, conta i pazienti che a decine, fino a sessanta al giorno, affollano il suo reparto, in attesa della dose di chemio quotidiana. Stringe i denti Gianluca, il coltivatore di cozze che rischia di fallire per via dell’ordinanza che limita la coltivazione dei mitili nelle aree di mare inquinate dalla diossina. Perché lui rispetta le regole, la malavita no e, in barba ai divieti, inonda il mercato con cozze alla diossina sottopagate.
L’Ilva è qui, vicino a tutti noi, a Milano, a Roma, sulle nostre tavole, in tutto il Paese.
Stringono i denti i genitori di Giorgio di Ponzio, anche lui del quartiere Paolo VI come Chiara, morto a 15 anni per un sarcoma dei tessuti molli, l’unico cancro che la letteratura scientifica identifica fra quelli direttamente riconducibili a fattori inquinanti come la diossina. Stringe i denti Angelo, ex capo del laboratorio chimico dell’Ilva, che ci racconta, e lo farà anche davanti ai magistrati dell’inchiesta “ambiente svenduto”, del sistema delle analisi “allegre” del siderurgico e dei documenti pilotati da dare in pasto alla macchina dei controlli.
Stringono i denti i genitori dei bambini delle scuole elementari e medie del quartiere Tamburi chiuse su ordinanza del sindaco per la loro vicinanza alle cosiddette colline ecologiche, costruite negli Anni ‘70 a protezione del quartiere, con tonnellate di scorie e materiali di altoforno. I carabinieri del Noe le sequestrano perché presentano quantità sconsiderate di PCB, furani e diossine. Quindi scuole del quartiere chiuse e bambini a casa, sempre vicino alle collinette, ma a casa.
A denti stretti vive Valerio Cecinati il primario di oncologia pediatrica mandato a Taranto dal sistema sanitario e dal destino per curare Chiara e gli altri bambini della città. Per fortuna Chiara è forte e oggi ride, alla faccia della sorte, e continua la sua battaglia “a denti stretti”. I “blasti” si stanno ritirando.
“Ilva. A denti stretti” è un film documentario di Stefano Maria Bianchi, con la collaborazione di Cristiano Leuti. Musiche originali composte da Angelo Lo Sasso e Riccardo Martucci.