Stasera in TV: Giorgio Gaber. L’utopia possibile
L’“Adorno del Giambellino” secondo il critico Enzo Golino. “Filosofo ignorante” secondo se stesso, con ironia. Ma anche il canta autore o il canta-attore, l’intellettuale collettivo, l’anticonformista. La realtà è che Giorgio Gaber sfugge a qualunque definizione.
Lo racconta il doc “Giorgio Gaber. L’utopia possibile” in onda stasera alle 21.10 su Rai Storia. A raccontare le storie del signor G. sono tre generazioni. Quella di Giorgio Casellato, suo arrangiatore e organizzatore e Ombretta Colli, l’amore di una vita, quella della figlia Dalia Gaberscik e quella del nipote Lorenzo Luporini, 22 anni. A questi si aggiungono i contributi di Paolo Dal Bon, presidente della Fondazione Gaber, di Paolo Rossi e di Walter Veltroni.
Gaber si forma con il jazz, suona il rock’n’roll quando pochi in Italia lo fanno e, all’apice della popolarità e del successo televisivo, molla tutto e si dedica al teatro, anzi crea un genere nuovo: il Teatro-canzone, ispirato ai récital francesi, a quel Brel che tanto ammirava. L’anno di svolta è il 1970: in tournée con Mina, viene visto sul palco da Paolo Grassi e Giorgio Strehler che gli propongono di scrivere uno spettacolo tutto suo per il Piccolo di Milano. “Il Signor G” debutta al Teatro San Rocco di Seregno il 28 ottobre 1970 e dal gennaio del 1971 è al Piccolo Teatro di via Rovelli di Milano. C’è una presenza che lo accompagna senza mai mostrarsi, un pittore e poeta di Viareggio conosciuto in un bar milanese alla fine degli anni 50. E’ Sandro Luporini. Con lui nasce un’amicizia profonda e un sodalizio artistico totale. Sandro è l’altra metà di Gaber, da “Barbera e champagne” a “Io se fossi dio”.
Gaber negli anni ‘70 conquista il pubblico, soprattutto giovane, teatro per teatro. I ragazzi – quelli del Movimento – vanno ai suoi spettacoli per vedere “che cosa ha da dirci oggi”. L’idillio finisce col decennio. Con “Polli d’allevamento” il pubblico fischia in sala, Gaber è contestato, troppo scomodo anche per i contestatori. Una pausa di riflessione e si ricomincia nel 1981 con “Anni affollati”. Gaber si dedica al teatro solo di prosa: per un’unica stagione (82/83) con Mariangela Melato ne “La storia di Alessandro e Maria”, con “Parlami d’amore Mariù” (87/88), dove la presenza delle canzoni si fa scarna, con “Il Grigio”, monologo in due atti del 1988-89. Infine, con un’intensa attività teatrale che va dalla scrittura di testi per Ombretta Colli alla messa in scena di “Aspettando Godot” insieme agli amici Enzo Jannacci e a Paolo Rossi, fino alla direzione artistica nel 1989 del Teatro Goldoni a Venezia.
L’ultima sua apparizione è nel programma di Adriano Celentano del 2001: insieme a Dario Fo, Jannacci, Antonio Albanese e lo stesso Celentano, i 5 cantano “Ho visto un re”. E’ stanco, affaticato dalla malattia, canta da seduto. Ma vuole cantare, gli occhi lo dicono, le braccia si muovono dinoccolate, a tempo con i suoi amici di una vita seduti al tavolo attorno a lui.