Stasera in TV: Elio Vittorini e “Uomini e no”
Fondatore de “Il Politecnico” e del “Menabò”, ideatore della Collana einaudiana dei Gettoni, intellettuale carismatico, partigiano. Elio Vittorini è il protagonista del nuovo appuntamento con la serie di Rai Cultura “l’altro ‘900”, firmata da Isabella Donfrancesco con la collaborazione di Alessandra Urbani e con la regia di Laura Vitali e Diego Magini, in onda in prima visione stasera alle 21.15 su Rai5.
Parlano di lui l’architetto Anna Steiner, figlia di Albe e Lica Steiner che diedero vita con Vittorini la rivista “Politecnico”; Demetrio Vittorini, figlio dello scrittore; Edoardo Esposito, docente e studioso dell’opera di Vittorini; il critico Gabriele Pedullà, ordinario di Letteratura italiana presso l’Ateneo romano di Roma Tre; Guido Davico Bonino, critico letterario, scrittore e a lungo presenza autorevole della Casa editrice Einaudi, dove nacquero “Il Politecnico”, “Il Menabò” e la Collana dei Gettoni.
A Siracusa, dove era nato, figlio di un ferroviere, aveva condotto studi svogliati. “Il padre lo voleva ragioniere – dice Demetrio Vittorini – Fu mandato a Benevento da una zia, ma senza successo”. A Siracusa, giovane e “bello come un principe arabo” si innamora, ricambiato, di Rosa, la sorella del poeta Salvatore Quasimodo, anche lei figlia di un ferroviere. “Per sposarsi fecero la cosiddetta fuitina!”, ricorda il figlio.
Gorizia, Firenze e infine Milano sono le tappe del trasferimento di Vittorini verso il nord. A Firenze scrive “Conversazione in Sicilia”, che esce da Bompiani nel 1941. Ma è Milano la città che l’autore de “Il garofano rosso” riconosce come nuova patria. “Di Milano – dice Edoardo Esposito – ama il dinamismo e la progettualità. È il luogo dove nasce la modernità e per Vittorini, sempre intellettualmente avanti, è la città ideale”. A Milano è partigiano, a Milano incontra Ginetta Varisco, la nuova compagna con la quale condivide anche l’avventura del “Politecnico”. Anna Steiner, che a lungo, giovanissima, ebbe in Vittorini e nella sua seconda moglie Ginetta Varisco, amici e vicini di casa della sua famiglia, una sorta di secondi genitori, dice: “Elio e i miei si erano conosciuti a Milano durante la lotta partigiana. Tutti avevano un nome di lotta. Mio padre Albe era da sempre antifascista: a soli undici anni aveva vissuto il trauma dell’uccisione di suo zio Giacomo Matteotti”.
Nel ’45, appena finita la guerra, Vittorini pubblica “Uomini e no”, il primo romanzo sulla Resistenza, assai discusso dai critici. Nello stesso periodo con gli Steiner, Ginetta e un gruppo di intellettuali antifascisti, Vittorini dà vita al “Politecnico”, il settimanale di cultura per il quale Einaudi apre una redazione milanese. Dopo un anno diventa mensile, fino a chiudere definitivamente per dissidi con il Partito Comunista.
È “Il Menabò” di Vittorini e Calvino, molto tempo dopo, a ridosso degli anni del boom economico, a restituire entusiasmo a Vittorini, che studia e propone il dibattito tra letteratura e scienza, “come sempre in anticipo sui tempi”, osserva Davico Bonino. L’ultimo numero del “Menabò”, interamente dedicato a Vittorini, esce nel 1967. Lo scrittore è mancato qualche mese prima.
Il documentario è arricchito come sempre da una selezione di brani letti dall’attore Alessio Vassallo ed è seguito alle 22.15, segue dal film di Valentino Orsini tratto da “Uomini e no” (1980), introdotto dal critico cinematografico Cristina Battocletti. Nel cast Flavio Bucci, Monica Guerritore, Renato Scarpa, Massimo Foschi, Ivana Monti.