Stasera in TV: “Con Rai5 (canale 23) “Di là dal fiume e tra gli alberi””. Oltre la linea. Gli irregolari
Cosa c’è dietro un’opera d’arte? Cosa ne alimenta l’aura, lo spirito, il genio? Disciplina, dedizione, maestria da una parte. Sregolatezza, irrequietudine, smania, dall’altra. Il confine tra genio e follia a volte appare troppo labile, troppo facile da abbattere. In questo strano paese ci sono stati artisti che hanno vissuto a ridosso del caos, traendo dalla potenza magmatica della vita tutto quanto le potesse essere strappato.
Il documentario di Federico Lodoli “Oltre la linea. Gli irregolari”, in onda in prima visione stasera alle 22.10 su Rai5 (canale 23) per la seconda stagione della serie “Di là dal fiume e tra gli alberi”, racconta queste figure troppo grandi per scomparire nel tempo, ma troppo veloci per non bruciarsi nell’esistenza. Un viaggio sul crinale tra altitudini e abissi. È la poesia che si sprigiona dalle tavole dolci e feroci di Andrea Pazienza e del suo Gargano. A cavallo fra gli anni ‘70 e ‘80 visse sulla sua pelle e rovesciò nelle sue tavole gli umori sulfurei di una società in eterna mutazione. Sul Gargano ritrovava la sua anima originaria, l’aspra magia della natura, tanto da dedicargli le sue storie più intime e meno feroci, cogliendone l’essenza più profonda. Nella casa in cui è cresciuto, Federico Lodoli incontra sua madre.
È la vita che scorre veloce, tra i vicoli del centro storico di Roma, quella che Mario Schifano proietta nella sua arte. A cavallo degli anni Cinquanta e Sessanta vagava per la città eterna affamato di vita. Il suo mondo era il Tridente, tra piazza di Spagna, Via Margutta e Piazza del Popolo. Era in sintonia con artigiani, corniciai e colorai locali. Ma Schifano era anche attratto dalla modernità, che scopre nei cantieri del Villaggio Olimpico e nella frenesia di Via Veneto. Quegli stessi anni segnano l’irruzione della Pop art americana a Roma: autostrade, pompe di benzina, grattacieli diventano fonti di ispirazione. E Schifano vi si abbevera senza tregua, dissetando la sua inesauribile sete di vita. È la follia poetica di uno dei più grandi tra i poeti del Novecento italiano: Dino Campana, autore dei Canti Orfici, che scandalizza i suoi compaesani di Marradi. E per andare alla ricerca delle sue tracce che ci avventuriamo fino in cima alle vette dell’appennino Tosco-Romagnolo.
È la malinconia ebbra di Piero Ciampi che, tra i canali di Livorno, canta il bicchiere vuoto dell’esistenza. Il cantautore cresciuto a via Pelletier, a ridosso dei canali del pontino, aveva tutte le carte in regola per essere un artista: incluso il carattere triste e l’attitudine a bere come un irlandese. Considerava la sua Livorno come un’isola, amata e difficile, capace di contenere il mondo intero, in cui sentirsi Robinson Crusoe.