Stasera in tv "Bastardi a mano armata", in prima visione
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Stasera in tv “Bastardi a mano armata”, in prima visione

Un film di Gabriele Albanesi

Stasera in tv "Bastardi a mano armata", in prima visione

Un omaggio al cinema crime italiano degli anni ’70 e ’80, con palesi riferimenti al cult di Fernando Di “Leo Vacanze per un massacro”. È il film crime “Bastardi a mano armata” (2021), diretto da Gabriele Albanesi, in onda in prima visione lunedì 16 ottobre alle 21.20 su Rai 4. Recluso in Algeria con una condanna per omicidio, Sergio viene graziato in cambio di un “favore” da svolgere in Italia per conto di un misterioso uomo d’affari. Sergio si mette subito all’opera recandosi in una villa dove deve recuperare alcuni importanti documenti sepolti nella serra. Ma c’è una complicazione: la villa è abitata da una facoltosa famiglia e Sergio si vede costretto a sequestrare gli abitanti. Ovviamente, la situazione degenererà. Nel cast Marco Bocci, Fortunato Cerlino, Peppino Mazzotta e la giovane Amanda Campana.

Già critico cinematografico, Albanesi esordisce come assistente di regia in diversi video musicali diretti dai Manetti Bros.. Nel 2000, in occasione di un dibattito a seguito della proiezione del film Autunno e alla presenza di Nanni Moretti, attacca un certo modo di intendere il cinema d’autore italiano contemporaneo. Nel 2001, con lo pseudonimo di George Kaplan, collabora alla realizzazione di alcune puntate del programma televisivo Stracult in onda su Rai 2.

Dopo avere diretto tre cortometraggi, Braccati (2001), L’armadio (2002), e Mummie (2003), debutta al cinema nel 2006 con lo splatter Il bosco fuori girato in 20 giorni con un budget ridotto. Il film, coprodotto dai Manetti Bros., si è avvalso degli effetti speciali creati da Sergio Stivaletti che hanno causato al film stesso il divieto ai minori di 18 anni (lo stesso Stivaletti ha affermato «Non ho mai utilizzato tanto sangue in nessun altro film!»). L’intenzione del regista era quella di rilanciare il cinema horror italiano riferendosi ai film “estremi” di inizio anni ’70, con uno stile non politicamente corretto e non appiattito sul concetto di “televisionabilità”.

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