Stasera in tv appuntamento con Thelonious Monk e Pannonica
Un racconto americano
In pieno periodo bellico, i locali e le case discografiche si sforzano di far dimenticare la guerra ed i problemi sociali (in primis l’apartheid nei confronti dei neri): le orchestre swing, come quelle celebri di Benny Goodman e Glenn Miller, sono le più adatte a questo scopo e vengono promosse attivamente. Nelle loro file militano soprattutto musicisti bianchi, che hanno assimilato perfettamente il linguaggio swing e si accaparrano le sempre più scarse occasioni di lavoro.
Per i musicisti neri si pongono due obiettivi: liberarsi dai rigidi arrangiamenti delle big band per esprimersi più liberamente e manifestare tangibilmente la loro ribellione a quel mondo ipocritamente sorridente.
Quella del Bebop è una rivoluzione che va al di là dell’aspetto strettamente musicale. È un movimento elitario, nero, tutto sommato di nicchia. Tra i locali di New York che ospitano i primi after hours Be bop i più celebri sono il Monroe’s e il Minton’s. Qui, di notte, dopo che i musicisti hanno suonato per far ballare i clienti e per guadagnarsi da vivere, si riuniscono Charlie Christian, il pianista Thelonious Monk e Dizzy Gillespie, il batterista Kenny Clarke e Charlie Parker, un giovane altosassofonista di Kansas City arrivato a New York da poco e destinato poi ad identificarsi con il nascente stile musicale, di cui sarà uno dei fondatori (per alcuni, il vero e proprio padre) e uno dei più importanti esponenti.