Nel 1943 Stanisława Leszczyńska viene arrestata dalla Gestapo per aver aiutato i prigionieri del ghetto di Łódź e mandata nel campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau insieme ai suoi tre figli. Lì lavora come levatrice in condizioni disumane, fin quasi all’esaurimento. I bimbi appena nati dovevano essere soppressi per ordine del dottor Mengele, ma Stanisława si rifiuta di farlo, rischiando la vita. Una donna alla quale la nipote Maria Stachurska ha dedicato il docufilm “L’ostetrica di Auschwitz” che Rai Storia propone martedì 15 ottobre alle 22.45. Tra il 1943 e il 1945, Stanisława dà assistenza a 3000 partorienti senza perdere nemmeno un bambino, nonostante il destino che avrebbe atteso moltissimi di loro, tra violenze, freddo e fame. Ma alcune centinaia, grazie alle caratteristiche somatiche “ariane” – ad esempio gli occhi azzurri – finiscono in orfanotrofio per essere adottati da coppie tedesche senza figli. E in molti casi – adottando uno stratagemma – Stanisława riesce a far sì che le madri possano poi risalire a loro, dopo la liberazione dal campo.
Leszczyńska tornò a Łódź dove ritrovò i suoi figli – mentre il marito era morto nella rivolta di Varsavia – e continuò a lavorare come levatrice. Il 27 gennaio 1970, in una celebrazione ufficiale a Varsavia, incontrò alcune donne che erano state prigioniere ad Auschwitz, insieme ai loro figli che erano nati nel campo. Solo una trentina sopravvissero insieme alle madri, e furono liberati alla chiusura del campo, il 27 gennaio 1945, insieme a Stanisława e alla figlia. Leszczyńska annotò la sua esperienza nel campo su un quaderno segreto, che in seguito fu pubblicato col titolo “Rapporto di un’ostetrica da Auschwitz”. Morì quattro anni più tardi, l’11 marzo 1974, e volle che il suo corpo fosse vestito con l’abito di terziaria francescana. Nel centesimo anniversario della nascita, le sue spoglie sono state traslate nella chiesa dell’Assunta a Łódź, dove era stata battezzata.