Stasera in TV: A Tv7 su Rai1 documenti esclusivi sul Covid nella bergamasca – Inchieste e approfondimenti a cura del Tg1
Nuovo appuntamento, venerdì 4 giugno, alle 23.00 su Rai1 e in replica sabato 5 giugno alle 15.00 sempre su Rai1, con Tv7, il settimanale di informazione del Tg1.
In apertura di puntata l’inchiesta di Tv7 con documenti esclusivi sulla diffusione dell’epidemia Covid nella bergamasca. Una storia da riscrivere ora agli atti della Procura di Bergamo. Fax, messaggi, chat, notizie di positività nascoste all’opinione pubblica “per non creare panico”, nonostante l’OMS raccomandi dal 2005 – col rischio pandemia – trasparenza assoluta. Fu una scelta politica? Questa strategia ha contribuito a diffondere l’epidemia? È la domanda al centro dell’inchiesta. È sempre l’ospedale di Alzano Lombardo il centro. I familiari delle oltre 40 vittime di Medicina e Chirurgia a cui Ats Bergamo – per la maggior parte – non ha fatto nemmeno una chiamata per il tracciamento. Sanitari con sintomi lasciati senza tampone, come scrive disperato nelle mail ad Ats il medico del Lavoro dell’ospedale, Marino Signori, morto un mese dopo, senza respiro. “Siamo stati mandati a morire”, afferma l’ex direttore del presidio Marzulli.
A seguire, “Il disagio”: è con la ripartenza che la pandemia mostrerà quale forte impatto psicologico ha avuto sui più giovani. Ambulatori, pronti soccorso, ospedali: a tutti i livelli di cura del disturbo psicologico e psichiatrico l’aumento di casi tra i 6 e i 18 anni è già evidente. Lo segnalano le scuole, le famiglie: ansia, depressione, disturbi alimentari hanno accompagnato il periodo delle restrizioni ed ora che si riparte la chiusura sembra a molti ancora un riparo necessario. La ASL Napoli nord, per esempio, copre un territorio che va da Ischia a Pozzuoli: un milione di abitanti, 200.000 giovani. Vengono da qui le storie di adolescenti impauriti, fragili, spesso travolti dalla “interruzione vitale” causata dal Covid. “Hanno perso il senso della progettualità” spiega Gabriella Foia, responsabile del Polo adolescenti.
Quindi il reportage “Ombre cinesi”: la richiesta di molti scienziati e dello stesso presidente Biden, alla sua intelligence, di un nuovo rapporto sull’origine del Covid 19, riporta la Cina sotto i riflettori. Riemerge la teoria della ‘fuga del virus’ dal laboratorio del Wuhan Institute of Virology, prima liquidata come ‘altamente improbabile’, che Pechino rifiuta accusando gli Usa. Ombre che pesano sulla ripartenza cinese, con una crescita attesa quest’anno tra l’8 e il 9%, mentre è nelle zone rurali che il cammino verso la sicurezza economica si fa più duro. Ombre che incidono sul ruolo che il gigante asiatico vuole giocare nello scacchiere internazionale.
A seguire, “Sotto scorta”. “La libertà di un uomo è la cosa più importante, a perderla non ci si abitua mai”: Giuseppe Antoci, da quasi sette anni sotto scorta, racconta la sua esistenza blindata. Ex presidente del parco dei Nebrodi, ha combattuto gli interessi dei clan mafiosi sui fondi per il sostegno all’agricoltura e il 18 maggio 2016, per poco, non ci ha rimesso la vita in un attentato fallito ai suoi danni. Adesso con il maxi processo in corso a Messina sulle truffe per i fondi dell’agricoltura, attende giustizia per le sue battaglie. “Le piccole cose diventano sogni da realizzare – dice. Mia figlia è stata seguita in una pizzeria. Le hanno tirato la pizza in faccia e le hanno detto vai a quel paese, tu e quel bastardo di tuo padre. Arriverà giustizia anche per questo”.
E ancora, “La dedizione di Bosso”: uno Zibaldone di pensieri per cristallizzare il credo musicale e artistico di Ezio Bosso, grande musicista e divulgatore. A un anno dalla morte questo straordinario direttore d’orchestra ci parla attraverso i suoi scritti, i messaggi lasciati ad amici e collaboratori, le riflessioni registrate nel telefonino. Ma anche attraverso le lunghe interviste che la curatrice dell’opera, Alessia Capelletti, ha recuperato per intero, senza i tagli effettuati dai giornalisti. Ne viene fuori una vita di dedizione alla musica, arte che Bosso riteneva essere la più alta forma culturale e l’espressione più democratica dell’essere umano.
“Aspetto sempre di fare il film più bello”: vaporosa e instancabile, Sandra Milo ha appena ricevuto il David di Donatello a coronamento di una carriera cinematografica straordinaria. Una lunga relazione professionale e di amore profondo con Federico Fellini, il maestro del quale ha un ricordo vivo. L’abbiamo incontrata a Cinecittà in visita alla mostra dello scenografo Dante Ferretti dedicata proprio a Fellini. Memorie, per la Milo, di una vita ricca di emozioni ma anche di delusioni, come alcune delle sue storie sentimentali che l’anno ferita nel corpo e nella mente. “Ho 88 anni, sto bene e non ho paura della morte… spero solo di riuscire a proteggere i miei figli che adoro”. La Milo è la protagonista del servizio “Una vita per il cinema”.
Infine “Come eravamo”: dagli archivi di Tv7, gli adolescenti e la musica. In Inghilterra li chiamano teenagers, in America fans, in Francia copains. In Italia sono i “minorenni d’assalto”. Irrequieti e imprevedibili, riempiono la loro vita e i loro sogni di musica. È il 1964. Esistono più di 400 club intitolati a Celentano, a Gene Pitney o a Francoise Hardy. I ragazzi vi si incontrano il sabato e la domenica, a volte anche di nascosto dai genitori. Ascoltano dischi, cantano e ballano. E quando mamma e papà non lo consentono, la musica la consumano a casa. Sotto i loro occhi vigili, commentano gli ultimi successi dei loro idoli.