Stasera in tv "5000 anni e più. La storia dell'umanità"
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Stasera in tv “5000 anni e più. La storia dell’umanità”

Il popolo dei Nuraghi: un millennio di civiltà

Stasera in tv "5000 anni e più. La storia dell'umanità"
Un viaggio in Sardegna alla scoperta di una delle più antiche civiltà che hanno segnato il passato del nostro Paese: la civiltà dei nuraghi. Torna Giorgio Zanchini con la nuova stagione di “5000 anni e +. La lunga storia dell’umanità”, al via da giovedì 13 febbraio alle 21.10 in prima visione su Rai Storia. La puntata andrà alla scoperta della storia e della cultura di una civiltà del megalitismo europeo ancora poco conosciuta, in uno scenario fatto di paesaggi e monumenti bellissimi, con testimonianze architettoniche uniche e ancora visibili del popolo che abitò la Sardegna per quasi un millennio. E’ anche un’occasione per immergersi e conoscere meglio il Mediterraneo dell’età del bronzo.

I primi nuraghi, detti protonuraghi, furono edificati in un’epoca situata quasi certamente nella parte iniziale del II millennio a.C. Di alcuni è stata effettuata una datazione che ha restituito dei risultati alquanto verosimili, indicanti un periodo iniziale di costruzione intorno al 1800 a.C.(per esempio Duos Nuraghes di Borore).

Secondo l’archeologo Giovanni Lilliu il maggior sviluppo di questi edifici si ebbe durante la media età del bronzo, attorno al 1500–1100 a.C..

Nell’età del ferro, ossia dal 900 a.C. in poi, non furono costruiti nuovi nuraghi, tuttavia quelli esistenti non furono abbandonati ma anzi in alcuni casi vennero ristrutturati e riadattati, forse come luoghi di culto.

Si calcola che siano stati realizzati non meno di 10 000 nuraghi. Ne sopravvivono circa 7 000, in stato di conservazione più o meno buono e distribuiti in tutta la Sardegna con una densità media di 0,27/km², con punte di 0,9/km² in alcune regioni (Marghine e Trexenta).

I danni maggiori subiti dalle costruzioni nuragiche sono stati inflitti dagli inizi del XIX secolo in poi, soprattutto dopo l’emanazione dell’editto delle chiudende (1820), quando furono riutilizzati come materiale per i muretti a secco che ancora oggi caratterizzano il paesaggio sardo.

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