Stasera in tv "1939 – 1943. La Seconda guerra mondiale"
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Stasera in tv “1939 – 1943. La Seconda guerra mondiale”

Gli internati militari italiani

Stasera in tv "1939 – 1943. La Seconda guerra mondiale"

Dopo l’8 settembre 1943 furono catturati circa 800 mila soldati italiani. Di questi oltre 650 mila furono deportati nei lager tedeschi. La grande maggioranza preferì e scelse la prigionia nei campi di Hitler piuttosto che il passaggio dalla parte nazifascista. La denominazione di Internati Militari Italiani (I.M.I) – voluta da Hitler – fu un modo crudele per sottrarre i soldati italiani alle norme della Convenzione di Ginevra, per costringerli al lavoro manuale e per risolvere la contraddizione di trattare come prigionieri i militari di uno “stato” alleato (Repubblica Sociale Italiana). Una storia al centro di “1939 – 1945 – La seconda guerra mondiale” in onda mercoledì 11 ottobre alle 22.10 su Rai Storia con la presentazione di Paolo Mieli e la narrazione di Carlo Lucarelli.

Sono passati 80 anni da quando, l’8 settembre 1943, in seguito all’armistizio di Cassibile, per gli italiani cominciò un lungo periodo di stenti e bombardamenti che portò alla guerra civile e alla Liberazione.

Con l’annuncio dell’entrata in vigore dell’armistizio di Cassibile (Siracusa) firmato dal governo Badoglio, l’Italia si arrese alle Nazioni Unite, ma i nazifascisti – pronti da tempo – occuparono l’Italia. Gli italiani erano allo sbando, esasperati e provati dalla guerra.

Fenoglio in Primavera di bellezza raccontò l’8 settembre del 1943 dal punto di vista di un soldato: “E poi nemmeno l’ordine hanno saputo darci. Di ordini ne è arrivato un fottio, ma uno diverso dall’altro, o contrario. Resistere ai tedeschi – non sparare sui tedeschi – non lasciarsi disarmare dai tedeschi – uccidere i tedeschi – autodisarmarsi – non cedere le armi”. Poche righe che rappresentano i momenti drammatici in cui il Paese, stremato dalla guerra, fu consegnato in mani straniere, americane al Sud, tedesche al Nord. Erano i giorni convulsi in cui Roma venne abbandonata dai vertici istituzionali italiani, il capo del governo Badoglio e il re Vittorio Emanuele III, proprio mentre si imponeva all’Italia una resa senza condizioni.

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