Stasera in tv “’14-’18. Grande Guerra cento anni dopo”
L’industria della guerra
La corsa agli armamenti che segnò il trentennio precedente la Grande Guerra fu una delle principali cause del conflitto. I governi ebbero a disposizione uno strumento militare moderno, che per certi aspetti “doveva” essere utilizzato. Infatti la logica delle armi e degli eserciti è quella di essere impiegati in guerra. Per il suo carattere eclatante e per i costi che essa comportò, la corsa agli armamenti iniziata nel tardo Ottocento può essere paragonata a quella per gli armamenti atomici, che caratterizzò invece la guerra fredda.
Molti elementi convergono a giustificare questa competizione militare e le dimensioni che andò assumendo. Per prima cosa vi fu una forte spinta all’armamento da parte delle imprese produttrici, da quelle carbo-siderurgiche a quelle meccaniche. Queste avevano interesse a mettersi al servizio dei governi, realizzando armi sempre più micidiali e costose. Per fare qualche esempio, le corazzate tedesche passarono da un costo unitario di 38-40 milioni di marchi oro a uno di 44-45 nel giro di pochi anni. I cantieri inglesi, da parte loro, sfornarono incrociatori da battaglia il cui costo passò da 1,6 milioni di sterline (per l’Invincible del 1906) a 2,08 del Lion. Imprese come Krupp in Germania, Vickers in Inghilterra, Škoda nell’Impero austro-ungarico o Ansaldo in Italia, divennero in pochi anni dei colossi. Nonostante interesse del mondo produttivo, non si può attribuire la corsa agli armamenti esclusivamente alla volontà delle industrie