“Se ascoltassi”, nuovo album per Ren Zen
“Se ascoltassi” è il primo disco di Ren Zen. Scritto, prodotto e interpretato dall’autore, poeta e cantautore italiano, l’album raccoglie 11 brani che hanno come filo conduttore l’ascolto e l’invito a vivere il presente tipico dello Zen (non a caso in copertina campeggia una figura meditante immersa nella natura).
Apre l’opera il singolo ‘Electrozen’, canzone quasi dance che mira al senso stesso dell’esistenza e si rivolge direttamente all’ascoltatore, al suo ego e alla sua anima per invitarlo ad unirsi alla tribù Ren Zen. Quasi un elettroschock musicale, che si apre però con un crescendo di respiro: da subito si trova lo strumento principe per il benessere individuale (la corretta respirazione appunto e il guardare dentro se stessi). Come per chiudere un cerchio, l’album finisce con il bonus track ‘Questo momento’, nuova versione dance di un vecchio brano nato da una poesia del primo libro di Renzo Maggiore (“Aurora spirituale”, Sovera, Roma), che può esser inteso come la sintesi finale che racchiude il semplice messaggio del vivi “qui ed ora”.
In mezzo, si apprezzano altri nove brani dalle varie colorature e ritmiche, tenuti assieme dalla voce baritonale del poeta interprete (con diversi brevi intermezzi parlati) e da un percorso volto all’evoluzione spirituale dell’autore e dell’ascoltatore insieme. ‘Voglio parlare a te’ è una chiara dichiarazione d’intenti e si rivolge soprattutto ai giovani che “hanno la vita davanti/come un’autostrada o una salita a tornanti” con l’invito all’autodeterminazione dopo la presa di coscienza che la vera causa della sofferenza sta dentro di noi.
Nella terza traccia, Ren Zen dona cenni di autobiografia elogiando ‘L’Arte povera’ di tutti quegli artisti che fanno fatica a sbarcare il lunario: “l’arte povera mi scorre nelle vene/quanto misere vi sembrano le mie emozioni…” è l’incipit del ritornello di una ballata che fa l’occhiolino ai classici cantautorali e fa storia a sé anche nella scelta degli strumenti (l’ukulele in primis) volta ricordare la semplicità delle esecuzioni di strada. ‘Giovane Giulio’ ricorda un ragazzo morto suicida e si chiede – trattando un tema tragico con grande leggerezza e senza retorica – ‘ma che cos’è questo male d’anima/c’affligge senza remora’. Una delle spiegazioni sta a metà disco, nel brano (l’unico terzinato) che dà il titolo all’album.
Le dinamiche famigliari possono provocare traumi e blocchi emozionali difficili da gestire se si è privi degli strumenti che l’autore – in qualità di formatore e consulente – insegna e propone: la competenza del ‘Saper essere” (l’omonimo manuale di Renzo Maggiore è edito dalla Chiado di Lisbona) consiste nel saper gestire le proprie e altrui emozioni, nella capacità di comunicare con empatia ed efficacia, nel conoscere i processi di apprendimento e di motivazione, nello sviluppare la propria originale creatività… “Se ascoltassi le parole senza muri tra di noi” è una frase dell’orecchiabile ritornello che rende quasi banale un approccio così difficile da adottare nella realtà. Solo su questa canzone si potrebbe tenere un seminario.
Al giro di boa, cambia nuovamente la musica con ‘L’anima nel cemento’, che è il brano più ‘dark’ dell’album: nell’intro si trova quel caos cittadino che ci svia dal nostro centro fino a portarci all’autolesionismo (“somiglio a un ologramma senza colori né stemma/l’anima in bianco e nero/è offuscato il sereno”). L’autore va a fondo nella sofferenza propria e di un’intera generazione, ma – attenzione! – ‘Se ascoltassi’ è tutt’altro che un disco pessimista o negativo; al contrario, parte dalle cause del dolore per approdare alla luce della saggezza, indica come uscire dal baratro (che è lì davanti a noi) attraverso la conoscenza di se stessi e la fede. In ‘Amico fidati’ infatti si ritorna – con una base elettronica dal sapore un po’ retrò – al focus sulle cose buone della vita, ai tanti esempi che ci circondano; ancora un forte invito a “riprendersi nelle mani questa vita”, a non cedere “ai falsi miti”, a seguire invece la propria profonda natura, a fidarsi.
Ed ecco che, tornando all’Origine, si trova l’Amore: nella gioiosa ballata ‘La Luna incomincia a chiedersi’ … “se io fossi veramente innamorato/cieco/di un angelo…” c’è la letizia, ma anche il dubbio dell’innamoramento (che sia soltanto un fatto mentale?), ma – come in tutte le canzoni d’amore – si parla di un rapporto tra due persone che in fondo non è altro che una metafora dell’incontro tra l’io e la propria anima, tra il lato maschile e quello femminile, il Tao della vita che include luce ed ombra, carica positiva e negativa, tutti gli opposti che danzano, a volte scontrandosi, nel vortice energetico dell’Universo.
Ed è alla dimensione mistica che approda infine Ren Zen nel suo incantevole ‘Canto di primavera’, dove a prevalere è la leggerezza (“ho poggiato a terra lo zaino d’ogni peso mio”), l’immersione in una Natura che dona pace “nel giardino dello spazio infinito di tutti gli uomini”. Per mezzo di questa ‘pausa meditativa’, “si schiudono galassie e nuove vie” nella sorprendente ‘Le comete sognano’: alla ricerca di “antiche dinastie”, ci si libera degli orpelli per dirigersi – come su un’astronave – verso il bagliore delle stelle, per scoprire in conclusione che tutto è Uno. Il trionfo appunto dello Zen. Chi ascolta e legge con attenzione entrerà naturalmente nello spazio senza limite della ‘tribù zen’ dove la condivisione è naturale così come la gioia di vivere.