SCENES WITH GIRLS di Miriam Battye, regia di Martina Glenda – Teatro Belli-Roma
Un appartamento e due ragazze che si guardano le spalle l’una l’altra. Lou e Tosh non hanno intenzione di cedere ad uno schema di vita che qualcun altro sembra aver già deciso per loro. Altre amiche, come Fran, sono passate da quella casa poi si sono fidanzate e sono andate via. Lou e Tosh rimangono e resistono, hanno la loro amicizia e questo è quanto basta. Questo è amore.
Con il testo di Miriam Battye veniamo calati nel mondo di Lou e Tosh. Tema fondamentale che pervade la narrazione è l’amicizia ed il valore che devolviamo ad un rapporto che, a differenza di quello sentimentale, dà tutto senza richiedere una “ricompensa”. La stessa autrice si riferisce al testo dicendo: “Penso che tratti del mondo impossibile in cui vivono le giovani donne: viene detto loro che il loro scopo è trovare qualcuno che le ami, e poi si sentono patetiche perché vogliono trovare qualcuno che le ami. Non ho idea di dove inizi o finisca il desiderio di essere amati. Non so cosa mi appartiene e cosa è solo qualcosa che mi è stato inculcato.” Attraverso la frammentarietà delle scene, abbiamo accesso a sprazzi luminosi di questa amicizia fatta di intese sottili e linguaggi quasi in codice ma anche a momenti esplosivi carichi di rabbia e disprezzo. I profili delle protagoniste sono fluidi e mutevoli, mettendoci difronte a due esseri umani animati da positività quanto da negatività. Ciò offre la grande possibilità di portare in scena tutta l’ambiguità e la complessità di due giovani donne. Le due ragazze cercano di definirsi con forza. Hanno una missione fondamentale, sfuggire alla Narrativa Tipica secondo la quale una donna, cresciuta con l’idea di aver bisogno delle attenzioni di un uomo, debba inevitabilmente “sistemarsi”. I personaggi ci mostrano due approcci diametralmente opposti alla questione. Lou, si cimenta in una piena e libera sperimentazione della sua sessualità rincorrendo il distacco emotivo fino alla sua completa estraniazione durante un rapporto sessuale. Tosh, al contrario, porta avanti una campagna di ferreo celibato, disprezzando con determinazione il sesso opposto. Nel corso del testo, fa la sua comparsa un terzo personaggio, Fran. Fran è la loro ex-coinquilina che ora è fidanzata. La ragazza risulta sempre come un’intrusa nel loro mondo, ma per quanto le due protagoniste cerchino di svilire le sue scelte più “tradizionali”, Fran crea un costante cortocircuito nelle loro credenze. Ed è qui che nasce il mio interesse nel mettere in scena questo testo che sembra portarci in un ironico cul-de-sac. Le due protagoniste, cercando di sfuggire alle aspettative sociali, sembrano chiudersi in una gabbia ancora più grande. La testarda difesa dei propri ideali spesso le porta allo svilimento degli stessi e pian piano la validità della solidarietà femminile su cui basano il loro rapporto vacilla. L’intesa tra i personaggi è però inviolata, portandoci a riflettere sull’irrazionalità del volersi bene e su quali siano le reali differenze che intercorrono tra i rapporti d’amicizia e quelli che tradizionalmente definiamo d’amore. Attraverso un lavoro che mette l’accento su una recitazione relazionale si cercherà di rintracciare le micro-connessioni che uniscono/dividono i personaggi, ciò che porta loro all’ammirazione reciproca e ciò che li fa scattare l’uno contro l’altro. Un’ analisi volta all’esplorazione della platonica devozione delle donne nei confronti delle altre donne e del potere che esse possono esercitare l’una sull’altra. Citando nuovamente l’autrice: “Le donne possono farsi sentire a vicenda belle, potenti, viste e ascoltate. Le donne possono farsi sentire a vicenda non belle, stupide, puttane o frigide. Le amicizie femminili a volte vengono presentate come semplici. Quasi da darsi per scontate. Come se l’avere diverse amiche con le quali ridere e lamentarti sia solo parte del tessuto che compone la fanciullezza femminile, e che poi queste cesseranno di esistere quando troverai un fidanzato.” La scena essenziale e funzionale all’azione prende inspirazione dall’idea di rifugio, un luogo protetto e sicuro, un vero microcosmo di cui i personaggi sono padroni. Vite diverse che si incontrano e trovano un equilibrio in uno spazio comune. Tutto è comodo, tutto è accogliente in uno spazio ricoperto da texture morbide di pelo sintetico. Una palette pop e sgargiante, decisa come gli stati emotivi delle ragazze che abitano la scena. Elementi, simbolici e non, sono i fiori, agiti o richiamati a più riprese nel testo.