Recensione: “Prima che tutto passi” – l’andare avanti
Prima che tutto passi
di Maria Di Maio
Graus Edizioni
Il romanzo di Maria Di Maio “Prima che tutto passi” è un lungo racconto che si snoda attraverso 3 generazioni e che, come dice la protagonista Anna, serve a far sì che il tempo passato e le vicende di vite spezzate dalla furia della guerra continuino a vivere “almeno nel ricordo” di chi ne saprà fare tesoro e trarne perciò insegnamento. Toccherà appunto alla sua bisnipote Beatrice accettare questa “eredità”, che le permetterà di riflettere sul tempo presente, sulla propria vita e quella del piccolo borgo in cui vive, dandole la forza “per andare avanti”.
Il racconto si snoda non solo in tempi diversi (nel 1919 e nel 1943), ma anche in luoghi diversi: a Milano e a Ponte Vigneto, una frazione di Castello di Rocca, dove le notizie si diffondono “con una velocità degna di un tiro di schioppo”.
I racconti di Anna, riguardanti lei e gli abitanti del paesino che aveva conosciuto e subito le angherie dell’occupazione nazifascista, servono anche al lettore di questo libro, non solo a far capire ancora meglio situazioni raccontate nei manuali scolastici, ma anche a entrare nell’animo delle persone che le hanno vissute. Il lettore potrà quindi immedesimarsi nei personaggi coinvolti, tirare un sospiro di sollievo nella speranza che non accadano mai più e vedere sotto un’altra prospettiva le difficoltà oggettive che ciascuno si trova ad affrontare, anche nell’epoca attuale.
Sono molteplici i temi affrontati dall’autrice: il legame tra il passato della guerra e il presente degli attentati terroristici, le svariate forme dell’amore e le differenze tra i ceti sociali.
“Ci sono delle cose che non andrebbero dette, perché le parole, proprio come le armi, lasciano cicatrici che non vanno via” è una delle frasi emblematiche contenute nel romanzo, in cui protagonisti e comparse vengono delineati ognuno coi propri disagi, i propri segreti e le proprie speranze.
Molto significativo è anche il messaggio che indirettamente arriva a figli e genitori, perché a un certo punto viene affermato che “la vita appartiene solo a chi la deve vivere e non a chi crede di desiderare solo il meglio per te”.