Recensione: “Voyage of Time” – Il tempo umano e il tempo della Madre
Dal 3 marzo è nelle sale italiane Voyage of Time, documentario diretto dal geniale regista Terrence Malick, con la voce narrante di Cate Blanchett e prodotto da Brad Pitt.
Dopo essere stato presentato alla 73ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, il film, nella sua grandiosa versione integrale arriva finalmente sul grande schermo per condurre lo spettatore all’esplorazione del passato planetario e al contempo alla ricerca di una futura collocazione nell’universo per l’umanità.
C’è un tempo umano e un tempo selvaggio, arcaico. Questo è il tempo dell’universo, delle stelle, il tempo dei vapori fumanti su pietre scricchiolanti, della lava vomitata e indurita, tutto quanto il tempo srotolato affinché si arrivasse alla fioritura della vita.
In Voyage of Time Malick ci accompagna a sondare in profondità 14 miliardi di anni tra passato, presente e futuro.
Effetti speciali tradizionali ed effetti digitali all’avanguardia, microfotografia e immagini generate da supercomputer, creature viventi e immagini digitali che somigliano a specie preistoriche. Sullo schermo si susseguono gli eventi cosmologici più immensi e le forme di vita più bizzarre.
Ma non è solo un viaggio nel divenire del tempo, è anche un peregrinaggio nella psiche e nell’anima dell’essere umano, con i suoi cicli di attività e solitudine, di fretta e stasi, di coinvolgimento e allontanamento, di ricerca e riposo, di creazione e incubazione, di partecipazione e ritorno.
Così sperimentiamo in modo diretto ciò che la scienza comprende del nostro mondo e della nostra storia, grazie al potenziale del cinema di documentare e, a volte, simulare la cruda realtà, la capacità della macchina da presa di amplificare e manipolare il tempo. E proprio a documenti reali, in presa diretta che si alternano al racconto filmico immaginifico, si creano misteriose affinità umane, perché l’umanità mostrata è quella degli ultimi, dei poveri, degli anziani, degli abbandonati.
Essi rappresentano un archetipo, alla ricerca di una sapienza universale sulla questione dell’anima. Dà voce a questa umanità, la voce narrante che nel suo malinconico languire, evoca il vorticoso crescendo dell’interrogarsi dell’uomo sui perché della vita.
“Madre…”, più volte, la voce invoca la Madre “donatrice di vita, portatrice di luce”, porgendo domande a cui non si può ancora dare risposta. Le immagini raccontano del luogo che abitiamo, di come siamo fatti, dei nostri istinti, ma non placano le nostre inquietudini di esseri umani sui perché più profondi della vita e della nostra esistenza.
“Madre…”, mantenendo i suoi segreti la Madre, (Natura, Terra o Vita che sia), non accenna a reagire nel modo a noi comprensibile.
Eppure questa Madre così sorda alle nostre domande sembra essere quella che più di tutti ci ama incessantemente, sconsideratamente e con profonda pazienza.
Dobbiamo solo imparare a guardare e apprendere dai suoi segni selvaggi e saggi e amorosi.
Malick si è immerso in studi astronomici, biologici e filosofici, raccogliendo appunti e parlando con professori, ricercatori e innovatori in campi in rapida evoluzione, spaziando dalla fisica all’antropologia, prima di iniziare questo film. Il risultato è un opera dal numero infinito di ponti e porte, che si aprono e collegano arte e scienza in un dialogo nuovo e creatore più che creativo.
Andrew Knoll, Fisher Research Professor di Storia Naturale dell’Università di Harvard, consulente della NASA e responsabile della veridicità e accuratezza dal punto di vista scientifico della rappresentazione, sottolinea:
“La bellezza estetica del film non fa che valorizzare la scienza sottostante in uno scambio dinamico, un dare e ricevere, tra il romanticismo dell’arte e il rigore della ricerca scientifica. La scienza è stata erroneamente considerata nemica del mistero e del senso di meraviglia è piuttosto il contrario, in realtà. La conoscenza non diminuisce il senso della bellezza e del mistero; lo accresce. In quanto scienziati, il nostro compito è tuffarci in quel mistero e cercare di formare per consentire la comprensione. Ciò che fa anche Terry con questo film”.
Il segreto della vita trova sempre una via d’uscita, se non in parole dirette, nelle sensazioni, in modi che non possono essere affrontati con semplici parole. Il messaggio profondo è che la forza vitale continua a crescere e vivere e a emanare conoscenza, anche se tacita e silente.