Recensione: ” Sulla fotografia” – La vita improvvisamente e per sempre si ferma
Sulla fotografia
Leonardo Sciascia
Curatore: Diego Mormorio
Editore: Mimesis
Collana: Sguardi e visioni
Sì, il famoso scrittore siciliano aveva un debole per la fotografia.
Come, con tono nostalgico, rammenta Diego Mormorio nel volume edito da Mimesis, dove sono raccolte fotografie di Sciascia scattate negli anni Cinquanta. Lo scrittore nei suoi scatti sembra nascondere una forma di timidezza.
Una timidezza che lo induce a una “delicatezza”, un riguardo, nei confronti dei soggetti da ritrarre: tutti o quasi, in effetti, dichiariamo di non essere fotogenici, per scusare in anticipo quello che apparirà dalla foto.
Sciascia dunque, cerca di non fotografare quasi mai esseri umani, (ma sono molto belle le foto intime della moglie e delle bambine), tuttavia è “pudico” anche nello scegliere i soggetti inanimati: case fatiscenti, monumenti fotografati a distanza, o addirittura distorti, come la Sagrada Familia di Barcellona o la scalinata di Caltagirone. Delle bellezze siciliane, che sono infinite, si limita a scegliere angoli bui e cupi, oppure marine e boschi talmente lontani che quasi possiamo solo immaginare.
Tutti gli scatti nel libro sono accompagnati da piccoli brani dei suoi libri, che sembrano quasi un commento alle foto.
Una vera meraviglia!
«La fotografia è la forma per eccellenza: colta in un attimo del suo fluido significare, del suo non consistere, la vita improvvisamente e per sempre si ferma, si raggela, assume consistenza, identità, significato. È una forma che dice il passato, conferisce significato al presente, predice l’avvenire».
Il testo si compendia di due saggi dello scrittore siciliano: Il ritratto fotografico come entelechia e Gli scrittori e la fotografia.
Nel primo saggio Sciascia giustamente fa differenza tra ritratto, nato da ore di posa, e la foto, magari scattata all’insaputa del soggetto; e qui compare l’entelechia (la entelècheia degli antichi Greci): ci sono, ho partecipato. Sciascia torna poi all’argomento più “siciliano”: la morte, le foto dei morti, le foto dei vivi, meno suggestive di quelle di chi è defunto… una forma di “sicilitudine”.
“Sicilitudine” parola creata proprio da Sciascia a rimarcare un’appartenenza e un carattere: la “terra di dèi e uomini” ha anche dei risvolti crudi, meschini, sconvolgenti. Il siciliano sa di vivere in una delle zone più belle del mondo, ma ne riconosce anche i difetti, gl scherzi di natura, gli abomini dell’arte e la pochezza degli esseri umani.
Leggere Sciscia e leggere di Sciascia desta sempre sorpresa, le sue foto ancor più riescono a sfiorare corde sensibilissime portandoci a vivere emozioni assolute simili per intensità alla “paura”.