Recensione: Su Nexo+ "Bosch. Il giardino dei sogni." - Tutto il mondo conosciuto e quello immaginato Visioni: "Bosh. Il giardino dei sogni." - Tutto il mondo conosciuto e quello immaginato - Nexo Plus
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Recensione: Su Nexo+ “Bosch. Il giardino dei sogni.” – Tutto il mondo conosciuto e quello immaginato

Recensione: Su Nexo+ "Bosch. Il giardino dei sogni." - Tutto il mondo conosciuto e quello immaginato Visioni: "Bosh. Il giardino dei sogni." - Tutto il mondo conosciuto e quello immaginato - Nexo Plus“Bosch. Il giardino dei sogni”, visibile sulla piattaforma Nexo+, ci accompagna in un viaggio all’interno di una delle opere più affascinanti di tutti I tempi, il Trittico delle delizie di Hieronymus Bosch, conservato al Museo del Prado di Madrid.
L’opera è il trionfo della potenza immaginativa dell’artista, capace di oscillare tra misticismo, dolore, piacere con quell’ipnotico intruglio di mostruoso e fantastico.
IL film diretto da José Luís López Linares, comunica allo spettatore tali turbamenti attraverso l’uso sapiente della musica, il soffermarsi sugli sguardi incantati e sbalorditi dei visitatori del museo, il contributo di esperti, artisti, filosofi, e musicisti, che seguitano a interrogarsi e interagire con l’opera. Riproponendo così ai giorni nostri quel continuo fluire di energia magnetica iniziato 500 anni fa presso la corte dei duchi di Nassau a Bruxelles.

Chiusa, l’opera, si presenta come una rappresentazione del mondo tipicamente medioevale: una bolla trasparente sospesa in un buio infinito, quasi metafisico. In essa una terra primigenia, piatta, non propriamente realistica. In un angolo in alto, quasi invisibile a sguardi superficiali, il Creatore osserva pensieroso la sua creazione. Realizzata in scala di grigi con la tecnica della grisaglia, La creazione della Terra, suggerisce l’atmosfera di inizio, di sospensione, di in fieri.
Nell’istante in cui il trittico si schiude, esplode tutta la sua potenza. Giraffe, uccelli giganti, pesci con mani, conigli, demoni spietati, rocce antropomorfe, fragole, frutti rossi, conchiglie, una moltitudine umana nelle più svariate pose, sono i protagonisti di una grandiosa macchina teatrale, messa in scena magistralmente da Jeroen Anthoniszoon van Aken – noto anche come El Bosco o Bosco, il misterioso Hieronymus Bosch.
Della sua vita si conosce davvero poco, ma la sua personalità dirompente continua a parlarci attraverso la sua opera.

Non vi sono indicatori di prospettiva geometrica, la spazialità è data dalla sovrapposizione dei corpi riuniti in gruppi, per creare le numerose scene, creando una trama brulicante di figure che rimpicciolendosi costruiscono lo spazio in profondità.

La visione dei vari particolari del trittico è accompagnata dalle parole di Salman Rushdie, Orhan Pamuk e Cees Nooteboom, dalle ispirazioni dell’artista Miquel Barceló, dagli spunti e le intuizioni di Pilar Silva, dalla sensibilità del musicista Ludovico Einaudi e dal contributo di tanti altri esperti. L’insieme diviene un esorcismo corale per estirpare significati e contenuti dalle multiformi immagini di Bosch.

Il mistero resta tuttavia tale, gli occhi dell’oggi non riescono a penetrare totalmente la cortina che separa il “sentire” di un’epoca lontana.

Le mille immagini, di vita e morte, di peccato e redenzione, allucinate e allucinanti, coinvolgono, si fanno esplorare, si mostrano pudiche o sfacciate, col sorriso sornione di chi ha piena consapevolezza che il suo mistero non potrà mai essere del tutto svelato.

Bosch, l’artista che non datò mai i suoi dipinti e ne firmò solo alcuni, fa capolino tra le mille specie viventi, regalandoci un bagliore onirico che ha lo scintillio dell’immortalità dell’Arte.

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