Recensione: Stante così le cose Recensione: Stante così le cose

Recensione: Stante così le cose

Recensione: Stante così le cose Recensione: Stante così le coseStante così le cose
di Lorenzo Mantiglioni
Edizioni Creativa

Con la presunzione che mi viene dall’essere un lettore incallito e di lunghissimo corso, ho da tempo assegnato a Jean-Patrick Manchette il record mondiale di rapidità nel far imbattere il lettore in una efferata scena di omicidio: per l’esattezza, alla quinta riga del primo capitolo (capitolo Zero). Si tratta di Pazza da uccidere (Einaudi Stile libero Noir, 2005): “Poi Thompson gli piantò nel cuore la lama di una sega rigida montata su una grossa impugnatura cilindrica …”, eccetera.
Bene. Sempre con la presunzione di cui sopra, ritengo di poter assegnare al giovane e debuttante romanziere Lorenzo Mantiglioni il record mondiale di rapidità nel far imbattere il lettore in un tosto e sbrigativo amplesso. Si tratta di Stante così le cose (Edizioni Creativa – febbraio 2024) e il rapido, rude meeting sessuale tra il protagonista e la solerte segretaria del primo piano dell’agenzia di comunicazione presso cui egli lavora esplode, senza inutili preamboli o avvisaglie, dopo sole quarantotto righe dall’incipit.

Per l’esattezza, e per scagionare il protagonista da facili accuse di sessismo o peggio di machismo, va detto che sono le manine della segretaria a prendere inopinatamente e bruscamente l’iniziativa.
Non solo sesso à gogo promettono le prime righe del cupo e pessimistico romanzo di esordio del giovane autore grossetano (classe 1996). Attingendo dal repertorio e dalle atmosfere dell’hard boiled, Mantiglioni affida alla pietas del lettore un uomo di apparente successo, che racconta in prima persona il suo disagio esistenziale e il convenzionale galleggiare tra gli stereotipi dell’etereo mondo della comunicazione, con in manol’immancabile consolatorio bicchiere di bourbon e gli altrettanto immancabili cocktail dibenzodiazepine a lenire la  ronicità dell’insonnia e le crisi di ansietà.
Insomma: sesso, alcool e droga. I tre principali ingredienti dell’hard non mancano e sono distribuiti a profusione lungo tutto il percorso del romanzo.
Ma non sono i soli. Con una temerarietà che gli fa assumere evidenti rischi sul piano della testimonianza storica, Mantiglioni colloca la vicenda – o per meglio dire: il quasi annoiato corso delle giornate del protagonista, scandite dall’allestimento di una serie televisiva di produzione italo-americana, che finirà per provocare deflagrazioni a livello di politica internazionale – sullo sfondo degli eventi nazionali e internazionali di questi giorni. Eventi che dapprima vengono evocati quasi in sordina e si fanno sentire come un’eco lontana e attutita dalla distanza, ma poi assumono gradatamente maggior rilevanza, per diventare alla fine un rumore assordante, una presenza dominante che letteralmente inghiotte la vicenda e l’instabile protagonista.
Bum, bum, bum.
Bum, bum, bum.
Sono le bombe delle guerre di oggi. Sono le bombe degli attentati. È un lugubre refrain che appare già nei primi capitoli e viene riproposto in continuazione, fino all’ultimo, fino a diventare un suono dolorosamente familiare.
Staccato, il telefono era staccato.
Le fiamme avvolgevano il tempio, il tracollo del minareto. ……
E’ l’altro refrain che accompagna il lettore dalla metà del libro sino all’ultima pagina.
Volutamente ossessivo.
E dietro questa ossessiva ripetizione c’è una figura femminile (una certa Sissi) che appare e scompare tra le fiamme e le detonazioni delle guerre in corso. Una figura femminile che forse è la principale causa di tutti i bourbon e antidepressivi con cui il protagonista pasteggia quotidianamente. Ma non ci si può scommettere, perché si tratta di una figura femminile tanto sfocata, da sembrare quasi e soltanto un’ombra cinese.
Ma – da vecchio lettore di lungo corso mi permetto di sollevare questo dubbio sul romanzo del giovane scrittore maremmano – gli stessi eventi politici e di  cronaca evocati da Mantiglioni, proprio a motivo della loro pericolosa attualità di cui ho fatto cenno sopra, avrebbero forse dovuto restare delle ombre cinesi, imprecisati echi di sottofondo dietro la vicenda personale del protagonista.
In ogni caso, buona lettura.

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