Recensione: “Sporchi e Subito”, La bellezza del brutto
Sporchi e subito,
antologia curata da Fumettibrutti,
Feltrinelli Comics.
Che cos’è il brutto? Con molte probabilità ciò che è deforme, sgradevole alla vista, che attiva contemporaneamente un senso di attrazione e repulsione: non possiamo fare a meno di guardare ma, al tempo stesso, vogliamo allontanarcene il più possibile quasi a temere di esserne contaminati.
L’antologia curata da Fumetti Brutti intitolata Sporchi e subito, esibisce questo “brutto” nelle storie di Joe1, Antonia Caruso e Percy, Giangioff, Andrea De Franco, Michele De Stefano, Chiole, Sonno, Ritardo, Gianluca Ascione e Wallie, oltre che della stessa Fumettibrutti, nome d’arte di Josephine Yole Signorelli.
Il lettore comincia a sperimentare lo scontro visivo con stili al di fuori dei rigidi canoni accademici, fin dalle prime pagine emerge quel tratto spiccatamente espressionista che passa di storia in storia con un ritmo profondo e inquieto.
Le strisce, attraverso una distorsione delle figure in cui la sensualità e l’erotismo si uniscono alla morte e alla malattia, fanno sì che i dubbi esistenziali dei giovani autori si tramutino in domande poste al lettore sulle questioni più profonde dell’esistere.
Si può quasi percepire il tormento che ha mosso il loro talento creativo. Sporchi e Subito, però è di più: il malessere che traspare nelle sue pagine diventa chiara rappresentazione del tormento di un’epoca e di un’intera società. Non è un caso se i caratteri ritratti dai diversi autori somiglino tutti a burattini senza volontà, nelle mani di un dio potente e spietato. Un dio/demone fatto di cartamoneta. Non è un caso se lì in poche pagine una guerra tremenda falcerà le loro vite, senza dare a nessuno di loro la possibilità di scegliere. La nota ultima che resta a dondolare sulle papille è l’ironia sfacciata, irriverente.
Corpi nudi di donne possenti, padrone del loro corpo e di se stesse, ritratti deformati da turbe psichiche e mutilazioni fisiche e coppie unite in un eterno abbraccio senza amore. Un viaggio alla ricerca dell’esperienza interiore di ogni personaggio, comunicando al lettore il disagio che ogni essere umano possiede.
L’opera “Nora’s big eyes” mostra i suoi turbamenti attraverso i temi classici della solitudine e dell’alienazione. L’angoscia trapela, ricorda un’opera di Munch, grazie all’espressività della paura, bocca aperta e occhi spalancati, che denotano incredulità e spavento.
“Angelo” diffonde tutta la sua drammaticità psicologica attraverso un semplice gesto affettivo. La sensazione che lascia al lettore è esattamente quella di una stretta dolorosa, uno di quei gesti che preludono a un addio straziante di un amore che sta morendo.
Senza tregua ci si scontra con “Golem”, i tratti nervosi dell’autore dai contorni esageratamente marcati, trasmettono tensione nella quale i personaggi, nonostante l’intimità selvaggia, si trovano ormai distratti e soli.
E così con “Glitch” e la sua lugubre sensualità.
Sensualità che i due amanti distesi su un lenzuolo stropicciato di “Non coprire”, nudi e abbracciati, propagano in un amplesso che durerà un’eternità, o solo un lungo inverno.
Dal disegno trapela tutta la rabbia istintiva di un uomo abbandonato ad un destino avverso, in “Scarico della responsabilità”.
Così come “Fausta” perseguitato da demoni, che gli ricordano quanto il mondo sia venale.
Tutte queste angosce sono trasmesse su sfondi, spesso vuoti, che evidenziano la solitudine dei personaggi, e, inevitabilmente, dell’umanità. Così accade in “Hang out” e in “Non importa”, come in “Buoni propositi”.
Gli artisti, ossessionati dal corpo, sia maschile sia femminile, rappresentano i loro personaggi solitari e seducenti, pervasi di angoscia e malinconia. I corpi sono sempre estremamente marcati, con i volti scavati e stanchi, con una nudità mai censurata, ma sempre aggressiva e brutale. La sessualità si trasforma in un erotismo triste, fatto di addii, di sofferenza, di donne sole o di abbracci strazianti.
Le storie raffigurate, hanno tutte, a partire dalla prefazione “disegnata” dalla stessa Fumettibrutti, uno sguardo malinconico, perso nel vuoto, rassegnato, come se qualcosa di terribile stia per accadere.
La continua ricerca di queste giovani “mani” accompagnata di toni accesi, posti in punti strategici per evidenziare sempre più la sensazione di disperazione, attira l’attenzione del lettore anche sulle parti più misere dei loro personaggi. I soggetti tendono quasi a spaventare chi li osserva, suscitando una sensazione di forte repulsione e, allo stesso tempo, di morbosa attrazione.
La bellezza del brutto. Il fascino del “vil denaro”, vero motore di ogni azione umana e dis-umana.