Recensione: “Soldatini di piombo. Amore e morte a Scampia” – Promesse mancate e possibili speranze
Soldatini di piombo. Amore e morte a Scampia
di Davide Cerullo
illustrazioni di Emanuele Fucecchi
Becco Giallo, 2022
“io sono stato riesumato, ricreato da poeti come Anna Acchmatova, Nazim Hikmet, Izet Sarajlic, Alfonso Gatto, Pier Paolo Pasolini. La poesia cerca sempre un corpo, ha trovato il mio ed è diventata azione, responsabilità della propria quota di giustizia verso se stessi e verso gli altri.”
Scampìa, nel napoletano più antico, quello rurale, sta per “campo non coltivato, abbandonato”. L’abbandono insito nel suo nome è forse una profezia?
Scampìa sembra un luogo mitico senza tempo, icona della criminalità e del degrado, eppure 60 anni fa non esisteva. Prima degli anni 70 era solo un “non campo”, come dice il suo nome, un manto di vegetazione spontanea oltre la collina di Napoli.
In questo non campo spuntano via via le case di Scampìa.
A Scampìa nasce Davide Cerullo, un bambino tra tanti, tra i tanti del quartiere, tra i tanti suoi fratelli. Soldatini, con una manciata di anni e il destino già segnato dagli stenti.
La sua vita scorre tra le pagine, i disegni di Emanuele Fucecchi sono intensi, carichi di emozioni primordiali, la sopravvivenza, la vita, la morte.
La camorra, questa mamma nera che ti spalanca le sue braccia, stringendoti a sé, con l’artiglio della miseria, della necessità, inghiotte Davide.
“Cresciuto nel quartiere della droga, dal fondo di prigione ha trovato il suo nome scritto nella Bibbia: Davide! Ha staccato di nascosto le pagine, le ha lette e da lì è cominciata una persona nuova”, scrive di lui Erri De Luca.
Così la graphic novel diventa una guida su come trovare una via d’uscita dalla camorra, su come soffiare via la nube tossica del boom mediatico mosso dalle recenti fiction tv.
Come tutte le guide, però, non può bastare, la catena perversa del crimine non può essere spezzata soltanto con il pensiero…o la fuga . È indispensabile il controllo e l’intervento sociale sul territorio, l’impegno dal basso di molti, il coraggio contagioso di chi lotta.
Il coraggio di chi “è stato riesumato”, di chi ha imparato ad amare i libri e la poesia… e dalla poesia si lascia salvare.
Perchè se vuoi, se la ascolti, la poesia ti trova, ovunque, anche dietro le grate di una cella. E anche se sei un infame tra gli infami lei ti trova, e, se riconosci la sua voce, sei fuori!
Devi leggerla la storia di Davide, non basta farsela raccontare, devi distillare ogni parola e lasciare che dallo sguardo compia il percorso fino al cuore.
Devi leggerla e capire, la povertà di sua madre, la fame dei suoi fratelli, l’ignoranza, la disperazione, non si possono raccontare.
Perchè c’è dell’altro, c’è l’umanità, l’umanità di persone a cui è stata data in sorte una promessa mancata. Persone che hanno guardato la morte negli occhi sfidandola da pari e che sono ancora capaci di accarezzare una vecchia madre, la guancia di un bambino, il tronco di un albero intorno al quale costruire un giardino d’infanzia, dove i bambini non siano soldatini di piombo.
Perchè Scampìa non è Gomorra, Scampìa per tanti è lavoro, è famiglia, è futuro, è casa.
Ruskin, critico d’arte, scrittore e poeta ne Le sette lampade dell’architettura, scriveva di come solo due sole cose potessero salvarsi dalla propensione degli uomini all’oblio: la poesia e l’architettura. Per Ruskin la seconda includeva la prima perché essendo reale era anche più potente. Era dunque necessario occuparsi non solo di ciò che gli uomini pensavano o sentivano, ma anche di ciò che le loro mani toccavano e i loro occhi vedevano.