Recensione: "Sign(s) of the times: Pensiero visuale ed estetiche della soggettività digitale." L'arte e l'ON-LIFE. Recensione: "Sign(s) of the times: Pensiero visuale ed estetiche della soggettività digitale." L'arte e l'ON-LIFE.
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Recensione: “Sign(s) of the times: Pensiero visuale ed estetiche della soggettività digitale.” L’arte e l’ON-LIFE.

Recensione: "Sign(s) of the times: Pensiero visuale ed estetiche della soggettività digitale." L'arte e l'ON-LIFE. Recensione: "Sign(s) of the times: Pensiero visuale ed estetiche della soggettività digitale." L'arte e l'ON-LIFE.Sign(s) of the times: Pensiero visuale ed estetiche della soggettività digitale.
Di Serafino Murri,
edizioni Meltemi Linee.

Cosa è l’arte e il bello oggi? Talvolta nel bel mezzo di quel “bello” che ci parla, ci fa gioire o ci tocca dolorosamente, che spesso ci entusiasma e ci rapisce, affiora all’im-provviso una tristezza cupa, come se, ancora mentre esso è presente, cominciassimo a perderlo quel “bello”. Forse è proprio una forma di amore per la bellezza questa tristezza che si trasforma in desiderio. E talvolta questo amore, a favore di siffatta bellezza, crea delle nuove forme che possono nuovamente offrirsi all’assenso del “bello”.

Queste nuove forme di bellezza potrebbero essere adottate a emblema di un processo ormai quasi compiuto, e che comincia a essere etichettato come “condizione postmediale”: il passaggio da una impostazione che insiste sull’utilizzo dei nuovi media per fare arte, e sullo sviluppo dello “specifico” di un mezzo, a un’altra che dà i nuovi media per scontati, elementi imprescindibili di una cassetta degli attrezzi da cui pescare con disinvoltura.
La stessa disinvoltura con cui l’artista prematuramente scomparso, Ryan McHenry, a cui l’autore Serafino Murri dedica questo saggio, “ha piegato il meme a una forma d’arte umana, profondamente umana”.

L’estetica tradizionale è sempre stata affètta da eccessiva vaghezza poiché presumeva che arte, esperienza estetica, giudizio estetico, significato e valore estetico, fossero tutti per essenza la stessa cosa. Concezioni che erano valide per alcune arti, erano automaticamente applicate a tutta l’arte e a tutta l’esperienza estetica in generale, anche quando era facile accorgersi, guardandole per davvero, che tale applicazione era sbagliata o inappropriata. L’estetica infatti ha a che fare non solamente con la teoria, ma soprattutto con le pratiche estetiche del mondo reale.

Le nuove pratiche estetiche e il loro valore artistico sono punti delicati da definire. L’autore tenta di farlo cominciando dalle conseguenze dell’avvento della rete sulla società, che permette l’emergere dell’intelligenza collettiva. La nuova società umana che ne risulterà costituirà uno spazio antropologico “nuovo”.
Il concetto di intelligenza collettiva è stato proposto dal filosofo Pierre Levy nei primi anni ’90 del secolo scorso. L’intelligenza individuale si mette in relazione al massimo grado in tempo reale. Si mettono in comune tutte le capacità cognitive, le competenze e la memoria della gente che partecipa ad un flusso informativo che prevede comunità di immaginazione, non solo di notizie. L’intelligenza collettiva non è solo quella delle reti telematiche, la cultura e il linguaggio sono da sempre manifestazioni di intelligenza collettiva. Per non parlare di miti, leggende, saghe, testi canonici.

L’etica dell’intelligenza collettiva consiste nel riconoscere alle persone l’insieme delle loro qualità umane dove l’individuo si esprime in modo libero e completo, al servizio della comunità, e questa è al servizio dell’individuo, con beneficio reciproco.

Partendo dall’intelligenza collettiva di Levy, il sociologo Derrick de Kerckhove ha individuato all’interno di essa un caso particolare da lui chiamato intelligenza connettiva: la Rete porta la connettività dentro la collettività e, contemporaneamente, dentro l’individualità. Essa trasferisce a ciascuno di noi una dimensione ipertestuale. Le memorie personali sono organizzate da strumenti tecnologici che permettono la socializzazione dei nostri processi cognitivi on line. La connettività è una via nuova per una democrazia partecipativa e una cittadinanza scientifica. Internet rappresenta una forma di estensione dell’intelligenza e della memoria privata che da connettiva si fa collettiva.

L’informazione non risiede più solo nella testa ma anche nello schermo che, attraverso l’interconnessione mondiale, moltiplica le conoscenze; il sapere di milioni di intelligenze umane si smaterializza passando dal testo stampato alla rete, si amplifica perché viene implementata da molti a molti, si distribuisce da un computer e un dispositivo mobile all’altro attraverso le linee telefoniche.

Tutte queste esperienze concrete e fattuali sono vissute ogni giorno mentre si rimane attaccati a dispositivi e ambienti digitali e interattivi. È una condizione esistenziale, insomma, caratterizzata da una distinzione non netta tra reale e virtuale. Tutto ciò è l’ON-LIFE.

L’onlife è in altre parole un luogo relazionale, in cui si ci si rapporta in ogni momento con altri che non sempre fanno parte del “proprio gruppo”  e che per questo mette in atto precise strategie di costruzione di un’identità.

Denso di intuizioni e riflessioni, la lezione più affascinante del percorso intellettuale dell’autore è l’aver mostrato come l’arte tuttora partecipi attivamente a questo processo di costante reinvenzione del mondo, di distruzione e ricomposizione del suo ordine, della sua praticabilità. Le conclusioni cui giunge possono essere discusse, ma la sostanza del suo metodo addita una possibilità fondamentale del discorso critico: quello di farsi strumento di comprensione dei fenomeni artistici nella loro qualità dialettica originaria, stringendo insieme il loro aspetto materiale e il loro retroterra antropologico.

In questa prospettiva, politica quanto filosofica, mira a destabilizzare, insieme alla sensibilità, le nostre abitudini di pensiero.

Serafino MUrri, laureato in estetica nel 1990, nel 1996 è tra i fondatori con il direttore Giovanni Spagnoletti della rivista trimestrale “Close-Up”, di cui è stato capo-redattore fino al 1999, e con Luigi Sardiello della rivista Filmmaker’s Magazine, di cui è stato caporedattore dal 1998 al 2000, e ha collaborato con le riviste MicroMega, Bianco e Nero, 8 e 1/2, e in campo letterario, con Nuovi Argomenti. Critico cinematografico, autore insieme ad altri dell’Enciclopedia del Cinema (2004) e delle voci letterarie del Lessico del XXI secolo (2013) per l’Istituto dell’Enciclopedia Italiana Treccani, è stato anche regista, sceneggiatore, autore e conduttore di trasmissioni per RaiSat Cinema, e dal 2012 è autore per Rai Movie. Dal 2006 al 2011 è stato docente presso la Libera Università di Lingue e Comunicazione IULM di Milano. Dal 1999 insegna all’Istituto europeo di design di Roma. È docente presso la Scuola d’Arte Cinematografica “Gian Maria Volonté”, e dal 2018 presso l’università L’Università degli Studi Internazionali (UNINT) di Roma. Nell’ultimo decennio si è occupato soprattutto di estetica dei new media e di arti digitali.

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