Recensione: “Sante e Streghe. Storie di donne nel Medioevo” – Il coraggio delle donne che seppero sfidare il loro tempo
“La storia è stata per lunghissimi secoli raccontata da un unico punto di vista: quello degli uomini soffermandosi sulle narrazioni di invasioni, guerre, papi, imperatori, viaggiatori e inventori. E le donne?”
Questo è “Sante e Streghe. Storie di donne nel Medioevo” (Minerva Edizioni – Illustrazioni Arianna Farricella) di Beatrice Borghi, ricercatrice e docente di Storia Medievale e di Didattica della Storia presso il Dipartimento di Scienze dell’Educazione dell’Università di Bologna, nonché co-fondatrice del Centro Internazionale di Didattica della Storia e del Patrimonio (DiPaSt), e di Maria Rosaria Catino, insegnante presso l’Istituto Comprensivo di Pianoro (Bologna), componente del DiPaSt dell’Università di Bologna e poetessa.
Due donne tanto diverse (la “Santa” e la “Strega”) quanto uguali, entrambe votate al bene sociale, la prima attraverso la fede, la seconda attraverso la medicina naturale, una santificata, l’altra arsa sul rogo.
Santa Chiara d’Assisi e Gentile Budrioli ci raccontano dal loro punto di vista i fatti che le hanno viste protagoniste in vita.
Chiara si rivolge alle sue amate consorelle guardandole dall’alto durante quello che lei stessa definisce “strano processo al contrario che mi vuole santa” e mentre loro rendono testimonianza dei suoi miracoli, lei ripercorre la sua vita raccontando di come abbia disubbidito agli uomini di casa rifiutando un matrimonio imposto ed un destino deciso da altri e di come dopo aver conosciuto Francesco la sua fede si sia fortificata a tal punto da trovare il coraggio di lasciare tutto per intraprendere la vita monastica.
“Non avevo con me nulla: solo la luna piena illuminava il mio cammino, la luna piena e la luce interiore della mia fede.”
Dopo aver ripercorso i momenti momenti più salienti della sua vita, in un ultimo saluto alle sue consorelle, Chiara le invita a continuare a percorrere il suo sentiero, non lasciando “che gli uomini soffochino e cancellino le minime libertà conquistate”.
Gentile, conosciuta come la “grandissima incantatrice” di Bologna, si rivolge direttamente ai lettori e racconta della sua vita pressoché perfetta, un matrimonio solido, una bella casa “in uno dei più bei quartieri di Bologna”, tutto andato in fumo nel momento in cui l’invidia, la gelosia e la maldicenza, soprattutto maschile, fanno di lei il capro espiatorio in una lotta politica al controllo della città.
“Insomma io, con le mie arti, avevo gettato Bologna sotto una cattiva influenza ed ero la causa della sua rovina. Una donna, una sola donna, la causa del disfacimento di una città! Non poteva essere.”
Accanto alle testimonianze delle due donne, le autrici inseriscono riferimenti storici, descrizioni dei luoghi, bibliografia, così che chiunque legga il romanzo sia in grado di capire perfettamente il contesto.
La narrazione è semplice e scorrevole, il testo arricchito da illustrazioni significative così come il messaggio che le autrici hanno voluto lasciare. Sono tante le donne che nel corso dei secoli hanno fatto cose straordinarie, cose che la storia raccontata dagli uomini non ci ha tramandato, non ci ha spiegato con la dovuta importanza, le ha tacitate.
“Spero, con questa mia testimonianza, di essere ritornata nella storia, giacché il mondo inevitabilmente lo vediamo e lo raccontiamo tutti in modo diverso.”