Recensione: Santa Kultura - "...la felicità alla fine" Recensione: Santa Kultura - "...la felicità alla fine"

Recensione: Santa Kultura – “…la felicità alla fine”

Recensione: Santa Kultura - "...la felicità alla fine" Recensione: Santa Kultura - "...la felicità alla fine"Santa Kultura
di Gianandrea Frighetto
La Ruota Editore

Il romanzo di Gianandrea Frighetto, intitolato “Santa Kultura” rientra a pieno titolo nel genere mistery, proprio perché tutto il racconto ruota intorno a un “mistero” da scoprire e tenuto nascosto fino alle ultime pagine. Ma a quale mistero si fa riferimento? Si tratta di scoprire la verità intorno al contenuto di un certo testamento.
Il romanzo, ambientato alla fine degli Anni Ottanta in un paesino della Pianura Padana, si apre con la frase drammatica in cui si annuncia che il locale “convento è stato venduto”. La notizia sconvolge i paesani, in quanto un imprenditore senza scrupoli, supportato da una tizia con “capelli neri, sguardo di ghiaccio, occhiali tondi, camminata incostante e risata fastidiosamente stridula” vuole trasformare il convento in un hotel di lusso e fa iniziare i lavori di ristrutturazione.

Riccardo, il giovane protagonista, ha il compito di traslocare i libri della biblioteca del convento, appartenuti al defunto Pidkins, che avrebbe lasciato il convento in eredità a un nipote inglese. L’ordine è quello di gettarli in discarica, ma Riccardo non obbedisce e, tramite l’Ape prestatagli dai frati e soprannominata “Santa Kultura”, decide di portarli al parroco di una chiesa vicina, convincendolo ad aprire una biblioteca pubblica nella sua canonica. Riccardo, proprio perché è senza cultura, ne diventa il difensore, perché comprende che quei libri “potevano essere d’aiuto a persone che ne avessero avuto bisogno”.
Tra le pagine di uno di quei libri, lui aveva trovato un biglietto scritto da Pidkins, il quale, in maniera enigmatica, rivela che in mezzo ai frati è nascosto un traditore, con il seguente messaggio: “Il vero tesoro si trova nascosto tra le pagine di uno dei miei libri e se vorrai trovarlo dovrai imparare a leggere sotto la luce più colorata”.
Riccardo, aiutato da alcuni paesani, comincia a indagare e scopre che il testamento usato dall’imprenditore è falso. Come ogni storia che si rispetti, alla fine viene sciolto l’enigma iniziale, con lo smascheramento del colpevole. Il libri vengono salvati e il sogno di Riccardo diventa quindi realtà, cioè aprire nel piccolo paese una biblioteca, “un luogo pubblico dove le persone possano sentirsi libere di leggere, parlare e condividere la loro cultura”, perché “condividere la cultura è meglio che apprezzarla in una solitudine silenziosa”.
Significativo e non casuale è anche il titolo che l’autore dà a ogni capitolo e cioè il nome di filosofi dell’antichità, in quanto un loro pensiero, citato in corsivo, si accorda con ciò che sta avvenendo ai personaggi, come per esempio quello di Cicerone “una stanza senza libri è come un corpo senza anima” o di Seneca: “Il coraggio è all’inizio dell’azione, la felicità alla fine”.
Anche il nome dato al mezzo con cui vengono portati in salvo i libri e che dà il titolo al romanzo rispecchia bene il messaggio di fondo e cioè il valore della cultura.

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