Recensione: “Quel giorno tu sarai” – Tre generazioni a confronto con la Shoah nel nuovo film di Mundruczó prodotto da Scorsese
L’aberrazione dei campi di concentramento, il disperato tentativo di pulire l’orrore, il miracoloso ritrovamento di una vita. Così si apre Quel giorno tu sarai, il nuovo lavoro del regista ungherese Kornél Mundruczó, che già aveva attirato l’attenzione del pubblico con il suo precedente Pieces of a Woman, nelle sale cinematografiche dallo scorso giovedì 27 gennaio.
I soldati dell’Armata Rossa scovano infatti una neonata sopravvissuta non si sa come all’interno di un campo di concentramento: è la piccola Éva, ebrea ungherese. La ritroviamo adulta nel secondo dei tre episodi nei quali è suddiviso il film, in guerra su più fronti: la controversa decisione del governo ungherese di bloccare le restituzioni e le indennità di di compensazione ai sopravvissuti
all’Olocausto per meschini cavilli burocratici, il peggioramento della sua demenza il recente divorzio della figlia Léna.
Protagonista del terzo episodio sarà Jonas, figlio di Léna e nipote di Éva, che viene rimandato a casa da scuola quando scoppia un incendio. Sembra saltare fuori che l’incidente – nonostante i nervosi fraintendimenti degli insegnanti – sia stato causato da un atto di antisemitismo, qualcosa che non può essere tranquillamente liquidato come parte del passato dell’Europa.
Come si capisce facilmente, la Shoah permea l’intero film, talvolta espressamente chiamata a protagonista, altre volte rumoroso sottofondo che accompagna la narrazione degli eventi. Più in generale, Mundruczó e la sua sceneggiatrice Kata Wéber si interrogano sulla condizione degli ebrei, testimoni di un passato lancinante quanto ingombrante, persino per la generazione contemporanea, incapace di coltivare antichi rancori o peggio razzismi (Jonas farà amicizia e non solo con la turca Yasmin) ma costretta a fare i conti con la recrudescenza di cancri non del tutto estirpati dalla Storia e anzi presenti nel quotidiano persino dei più giovani. Quel giorno tu sarai è impreziosito dal fatto di essere basato su fatti realmente accaduti. Come rivela la stessa Kata Wéber ” Molti degli eventi del film sono ispirati alla storia di mia madre e della mia famiglia, compreso l’episodio di Berlino, che rielabora le nostre esperienze e quelle di alcuni amici una volta trasferiti nella capitale tedesca. Il fatto che mia madre abbia davvero cinque certificati di nascita e siano tutti falsi mi ha sempre causato molti interrogativi e il nostro trasloco in Germania ha comportato domande ulteriori, trattandosi di temi considerati ancora delicati nella società tedesca “.
Produttore esecutivo di Quel giorno tu sarai è Martin Scorsese, sincero ammiratore del duo regista-sceneggiatrice, che ha dichiarato: “Ogni nuovo film di Mundruczó e Wéber arriva come un salutare shock per gli spettatori e per chi fa cinema: si tratta di due autori che non smettono mai di avventurarsi in territori inesplorati. Con Quel giorno tu sarai riescono a drammatizzare il movimento stesso del tempo, il modo in cui ricordiamo e il modo in cui dimentichiamo”
A sottolineare gli eventi, una maestosa fotografia firmata da Yorick Le Saux, che e soprattutto la tecnica sopraffina del regista: il primo e il secondo episodio sono caratterizzati da piani sequenza infiniti, tali da permeare quasi tutto l’episodio di riferimento, maledettamente efficaci e carichi di tensione emotiva. Entrambi gli episodi, poi, abbandonano quella lunga inquadratura solo per il climax finale, che in ambo i casi è potente, evocativo, quasi allegorico. Al punto che l’ultimo episodio, quello chiamato Jonas dal suo protagonista, narrato in una modalità più leggera e ambientato a Berlino, non regge il confronto. Si tratta di un buon segmento, ma schiacciato dalla portata emotiva dei primi due. Rimane però, nei volti freschi eppure malinconici dei giovanissimi Jonas e Yasmin, la voglia di una vita spensierata e di fiducia verso il futuro, nonostante tutto.