Recensione: “Punto di fuga” – Non solo lettere d’amore
Punto di fuga
Di Mikhail Shishkin
Traduzione di Emanuela Bonacorsi
Edizioni Grafica Veneta S.p.A. Trebaseleghe (PD)
Non è facile catalogare “Punto di Fuga” in un genere letterario ben definito, anche se, a una prima analisi, potrebbe essere definito “sentimentale” con una netta collocazione nel genere epistolare. In realtà Il nucleo profondo del libro è intessuto sullo scambio epistolare di due innamorati divisi da una guerra crudele e spietata.
Lui è al fronte, lei è rimasta nella sua città, in Russia, ancorata nella routine quotidiana apparentemente normale ma che in realtà, man mano che si va avanti con la lettura, ci svela sfaccettature complesse e sempre nuove.
Lui racconta della sofferenza e delle privazioni sempre più disumane al fronte e la sua ossessione dalla morte e la voglia di vivere anche, “storpio, cieco, senza lingua, ma vivo”, scusandosi di questo ma, dice, questa è la sua vita in questo momento e lo scrive per non morire. Lei scrive del suo lavoro e quanto le manchi il suo adorato ma soprattutto della sua vita prima che si conoscessero: i rapporti con la sua famiglia, i suoi ricordi più intimi e commoventi che nessuno avrebbe mai conosciuto se non ci fosse stato questo scambio epistolare.
Uno scambio epistolare dove non ci sono risposte precise di lui e di lei alle rispettive lettere, ma come se fossero cose a senso unico, come una specie di diario intimo, lo sfogo delle loro vite senza riscontro e forse è proprio questo che rende appassionante e coinvolgente il romanzo. L’autore ci dà la netta sensazione che i due innamorati non sono separati solo dallo spazio ma anche dal tempo dove manca, infatti, una precisa collocazione temporale.
Nelle loro lettere c’è tanta nostalgia, tanta tenerezza ma anche tanta voglia di raccontarsi cose che non si sarebbero mai detti, come i conflitti interiori di lui e i bei momenti felici di lei ma anche una profonda considerazione sull’inutilità della guerra, come pure la critica alla situazione politica russa. Non mancano anche bellissimi tratti evocativi sugli odori degli alberi in fiori di quando erano nella dacia, contrapposti al fetore dei cadaveri in decomposizione.
Le lettere di lei sono spedite per anni al fronte e, dato che lui non risponde, ci salta alla mente che lui potrebbe essere stato ucciso ma non è questo che conta, l’importante è credere che entrambi possano leggere quelle lettere, perché quello che è importante è la memoria e la loro separazione diventa così metafora della solitudine ma che rende più forte e inattaccabile il loro legame.
Mikhail Shishkin è nato a Mosca nel 1961 e vive dagli anni ’90 a Zurigo dove lavora come insegnante e traduttore per i rifugiati. I suoi libri sono tradotti in oltre trenta lingue. Ha avuto molti importanti riconoscimenti ed è vincitore con “Punto di fuga” del premio Strega Europeo 2022.