Recensione: “Pinocchio alla rovescia” – Geni, asini e burattini…
Pinocchio alla rovescia
di Rubem A. Alves
Curatore Paolo Vittoria
Editore Marietti1820
Spesso ci vien chiesto: chi sei? Cosa fai?
Chi sono? Cosa faccio? Si confonde l’essere col fare… per distrarci forse dal fatto che spesso non sappiamo chi siamo; e così troviamo molto più rassicurante dire SONO insegnante, SONO medico, SONO avvocato… e con questo finiamo per identificarci.
C’è una storia che a tutti i bambini è stata raccontata almeno una volta, quella di Pinocchio, un burattino che si trasforma in un bambino vero solo quando comprende l’importanza di andare a scuola. L’alternativa è gozzovigliare nel paese dei Balocchi e diventare un asino dalle lunghe orecchie.
Anche a Felipe viene raccontanta questa favola, dal suo papà. In lui si accendono mille aspettative sulla “scuola”, immaginata dal bambino come un luogo magico dove ogni sua domanda troverà risposta. Perchè Felipe è un bimbo dagli occhi curiosi e ha tante domande da fare: “perchè le cose sono come sono? Cosa fa il mare quando andiamo a dormire? Quando moriremo sentiremo nostalgia?” Ma la cosa che lo incuriosisce di più e che ama più di ogni altra sono gli uccelli, i loro nomi, il modo in cui essi volano.
Sarà per Felipe una profonda delusione scoprire che la scuola non ha risposte per le sue domande e che in quel luogo egli deve semplicemente stare in silenzio ad assorbire noiose nozioni da imparare a memoria solo per prendere bei voti e arrivare un giorno a dire: sono un dottore, sono un avvocato, sono un maestro.
Pian piano il bambino curioso cede al mondo, rinuncia ai suoi sogni, si adegua, sente la responsabilità del compiacere agli adulti, ai genitori… si trasforma lentamente in un burattino.
Ed è così che Alves, filosofo, storico, poeta, pedagogista e scrittore di racconti per bambini, riscrive al contrario la storia di Pinocchio, descrivendo un sistema educativo per cui i bambini si trasformano in burattini.
Il racconto del piccolo Felipe, della sua curiosità e del suo amore per il volo degli uccelli, ha tirato fuori dal cassetto della mia memoria la storia del Leonardo fanciullo, letta in qualche manuale di Storia dell’Arte. Leonardo, figlio illegittimo di un notaio, cresce libero dai doveri di una scuola rigida. Fu preso in cura dalla famiglia paterna, i da Vinci, che gli diede il suo nome strappandolo alla madre. Non che fosse ammesso alla mensa del padre Pietro e dei fratelli legittimi, perchè seppur un da Vinci, sempre bastardo era: fu affidato a uno zio Francesco che “stava in villa a non far nulla. Cioè: non si curava di quattrini. In compenso girava la campagna a rimirarne il bello e osservava tutto, ma proprio tutto: le pietre che sembravano contenere strane conchiglie, le code mozzate delle lucertole, il volo misterioso degli uccelli.”
Fin da piccolissimo Leonardo visse in stretto rapporto con la natura, con una intelligenza e capacità di analizzare le cose straordinarie, e la possibilità di scrivere, disegnare e annotare su fogli di carta tutto quello che lo interessava, nella casa dei notai d’altronde, la carta non mancava mai!
Cosa sarebbe stato di Leonardo se avesse frequentato la scuola di Felipe? Cosa sarebbe stato del suo amore per il volo degli uccelli?
Forse sarebbe diventato come Felipe un “Allevatore di polli per salsicce”…
Questo libricino, condensa in poche pagine una amara lezione, andrebbe letto, come suggerisce l’autore stesso, da genitori e educatori.
Si chiude con le profonde osservazioni di Paolo Vittoria sul bambino “che smarrisce l’incanto dei suoi sogni e delle sue domande”, mettendo in luce la metafora di una scuola che “ingabbia piuttosto che dare libertà ai pensieri, all’essere, ai sogni, al diritto di costruire una propria vita”.
Chi sono, cosa faccio? Dovremmo poter rispondere liberamente, sono ciò che amo:
la mia Gente, i ricordi, i pensieri, i sogni, i racconti delle persone, i libri illustrati, l’aria aperta, la BellezzaDentro, le case accoglienti, la dolcezza, la filosofia, la psicologia, leggere, scrivere, disegnare e scarbocchiare, cucinare, tagliare e incollare, star soli qualche volta, imparare e sperimentare… e sapere che quello che siamo non si esaurisce in un numero finito di parole.