Recensione: Perchè amo solo chi fugge – Il nulla eccetto tante parole
Perchè amo solo chi fugge
di Viola Conti
con un contibruto di Sonia Veggiotti (Autore)
Giovane Holden Edizioni
“Perchè amo solo chi fugge” racconta una storia di non amore decisamente da manuale per i nostri tempi.
Celeste, donna single frustrata dalla sua condizione lavorativa precaria, incontra in un locale, Luca, musicista belloccio e disinibito, ma impegnato sentimentalmente con un’altra donna.
Folgorata dal suo modo di fare e dal suo spirito da bel tenebroso si ostina a voler approfondire la conoscenza e i due diventano quella classica cosa che non si capisce cosa siano, su una piattaforma virtuale.
Luca le racconta delle sue crisi con la compagna, delle sue insoddisfazioni, dei suoi problemi ad entrare nel giro dei musicisti di successo e Celeste pian piano sprofonda nella tipica palude dell’ “io ti salverò” e del “come saprei amarti io”, dimenticando finalmente le proprie miserie umane.
Naturalmente Luca è ambiguo rispetto ai suoi sentimenti per lei e sguazza in questa cosa, lusingato da quelle ore di terapia degli abbracci virtuale e si crogiola come un bimbo sul bel piedistallo su cui lei lo ha posto.
Celeste, totalmente distesa come un tappetino ai suoi piedi, affonda sempre più nelle pece di questo sentimento idealizzato, perché in concreto lui non le concede nulla eccetto tante parole per mesi.
Ad un certo punto ha un sussulto di dignità e decide di palesargli i suoi sentimenti e Luca scappa a gambe levate per poi tornare dopo mesi a confortarla e soprattutto per continuare ad approfittare di quella disponibilità ad oltranza tipica di chi si immola ad un altro senza alcuna consapevolezza, per poi sparire definitivamente di fronte alle legittime richieste di Celeste sullo stato della coppia dopo quello che in realtà è stato solo un accoppiamento estemporaneo, seppur appassionato.
Il finale di questa storia lo si può immaginare e nella seconda parte del romanzo, in postfazione, una coach esperta in relazioni spiega le dinamiche del logorio di Celeste.
Il modo in cui sintetizzo il romanzo in questa recensione fa arrabbiare.
Ho scelto deliberatamente di palesare l’ovvietà di queste dinamiche come una sorta di provocazione.
Perchè alla resa dei conti invece, di essere immersi in queste dinamiche, che raccontate per quello che sono ci fanno incazzare, nemmeno ce ne accorgiamo.
E ci siamo cascate tutte noi in queste cose con le mani e con i piedi. TUTTE.
Il punto è che dietro a tutto quello che sembra “troppo” amore o sembra tanto romantico perché disperato, c’è una collusione perfetta tra due insani bisogni di riconoscimento e di solito chi vive queste dinamiche non ha alcuna consapevolezza di essersi infilato in una specie di schema che tenderà a reiterare finché non comprenderà da dove proviene quella fame di conferme e come consolidare la propria identità.
All fine dei conti bisogna vedersi per essere visti e amarsi per amare ed essere amati.
Il romanzo, tra l’altro ben scritto e scorrevole, rende facile alla lettrice identificarsi con Celeste, vittima di Luca, che nonostante tutto, in un impeto di dignità palesa i propri sentimenti per spezzare l’ambiguità in cui si rende conto di essersi impantanata.
Ma poiché Celeste rispecchia tante donne ancora inconsapevoli io le direi: il punto di partenza Celeste! Il punto di partenza!
Non è partire dall’incontro con un uomo non disponibile emotivamente il punto di partenza.
E’ diventare TU per prima disponibile all’amore, quello sano, quello che non si immagina, quello che c’è, quello che ti vede, che ti accoglie, che ti fa sentire ricca, che non toglie e poi dà, che c’è davvero, che non è ambiguo, quello reale.
Questo libro va letto perché è un buon punto di partenza per porsi delle domande, alcune delle quali sono anche espresse nella postfazione di Sonia Veggiotti.
Ma se l’esito della lettura sarà “poverina lei e che caso umano lui” avrete fatto sprecare carta e intenzioni all’autrice.
Vale la pena cercare delle risposte a quelle domande e approfittare di questa sana indignazione suscitata dalla storia, per crescere affettivamente e andare incontro all’amore con la A maiuscola.