RECENSIONE: “Non è solo un gioco” – Perché il calcio è così importante per l’uomo
Non è solo un gioco – Perché il calcio è così importante per l’uomo.
di Federico Casotti
Edizioni Meltemi Linee
Il 3 gennaio 1971 il grande Pier Paolo Pasolini scrisse su “Il Giorno”:
“Il calcio è l’ultima rappresentazione sacra del nostro tempo, l’unica cioè che ci è rimasta”.
Parole sacrosante se, a distanza di mezzo secolo, il calcio non è considerato solo un semplice gioco ma qualcosa di molto più profondo.
Il volume, diviso in quattro capitoli e scritto con uno stile fluido e accessibile anche ai non addetti, suggerisce punti di vista interessanti e coinvolgenti perché il libro di Federico Casotti, non è solo il racconto di questo sport come fenomeno sociale intorno a cui gravitano interessi milionari, ma anche un’accurata analisi storica, sociologica e antropologica.
Nel suo percorso, in realtà, il calcio ha assunto molte sfaccettature: da cerimonia religiosa e ritualità, a sport “macho” come simbologia sessuale, a sport permesso solo a una certa élite, fino a sport accessibile a tutti, e non necessariamente solo ai dotati fisicamente. Infatti, il successo di un calciatore non dipende necessariamente dalla sua prestanza fisica, e prova ne è Maradona: basso, tarchiato e tendente all’obesità. Ma tutto questo non toglie neppure che il calciatore famoso è un eroe sacro a cui tutto è permesso: dalla cocaina (Maradona), all’alcol (Paul Gascoigne) e testate volontarie (Zidane a Marco Materazzi).
L’autore pone l’accento su come, attorno alla storia del calcio, è evidente una posizione prettamente maschilista tanto che nel 1960, l’allora adolescente Rita Pavone, con la canzone “La partita di pallone”, sollevò un polverone, non tanto perché le donne la domenica erano lasciate sole a casa ma perché avrebbero voluto andare anche loro allo stadio. Per non parlare poi delle prime calciatrici etichettate lesbiche e, le prime telecroniste donna ritenute assolutamente ignoranti in materia. Ma il calcio è anche qualcosa di più: dramma sociale e aggregazione, come fu in occasione della tragedia di Superga o della morte improvvisa di Astori, capitano della Fiorentina. Al momento della tragedia, le bandiere delle varie squadre diventano una sola e le tifoserie si uniscono all’unisono.
Il calcio, infatti, secondo Casotti è anche aggregazione religiosa, politica e umana. Questo sport, in maniera maggiore di altri, negli ultimi anni è cambiato permettendo agli stranieri, spesso migranti, l’integrazione nelle squadre italiane, cosa che ha permesso a persone senza più patria, una ridefinizione della propria identità che fa dimenticare loro le torture e i soprusi subiti nella loro terra d’origine. Calcio quindi non solo come investimento capitalistico, ma anche come rivoluzione umana e sociale.
Federico Casotti è giornalista professionista dal 2004. Laureato in Scienze politiche e in Scienze antropologiche ed etnologiche è da molti anni apprezzato telecronista di calcio internazionale. Attualmente è Executive Producer per DAZN.