Recensione: Nemesis – la Dea ripartitrice dei torti subiti
“Ispettore, lei lo sa cos’è la nemesi? Nemesi” continuò Mrs Morgan, “significa giustizia divina, castigo, punizione. Nella mitologia greca Nemesi era una dea e provvedeva a che giustizia fosse fatta nei delitti irrisolti o impuniti perseguitando i malvagi.”
Questo è “Nemesis” di Silvia Capoccia (Giovane Holden Edizioni), nata a Siena nel 1969 da genitori orvietani. Laureata in Medicina e Chirurgia con Specializzazione in Radiologia, ha ottenuto il suo primo lavoro a Orvieto all’Ospedale Santa Maria della Stella. Nel 2016 ha conseguito la Laurea in Scienze dell’Investigazione e della Sicurezza e, nel 2018, ha frequentato il Master I livello in Scienze Criminologiche e Forensi, Investigazione e Sicurezza.
L’essenza profonda di questo romanzo è racchiusa nel suo titolo. Una sola parola per descrivere il percorso più o meno lungo che dal principio porta ad un epilogo “giusto”. E’ vero, i morti non tornano indietro, me nessuno resta impunito.
Non dirò nient’altro in merito alla storia per non togliere al lettore il gusto di leggere un thriller così piacevole e la curiosità di arrivare fino alla fine per capire il perché.
Non si può non entrare in empatia con il protagonista, Robert, così formalmente corretto con i suoi Mr e Mrs, ma anche eticamente corretto nel suo percorso nell’animo umano che lo porterà a trovare il bandolo della matassa.
La storia è raccontata da un narratore esterno che prendendo per mano il suo lettore lo accompagna passo passo dall’inizio alla fine mostrandogli come gli uomini e le donne per sete di potere, danaro, libertà, siano in grado di fare scelte e compiere atti i più scellerati possibili.
Ma, oltre alla nemesi ovvero alla giustizia divina, al male fatto che prima o poi si paga perché ad un certo punto la vita il conto te lo porta, ho voluto leggere dell’altro nell’intimo di questo romanzo ossia che per ogni fine c’è sempre un nuovo inizio.
“Si catapultò fuori dalla stanza. Gli agenti che stavano nel corridoio e l’ispettore capo Marchison che stava entrando in quel momento nel suo ufficio lo guardarono ma nessuno si mosse. Tutti sapevano quale fosse il motivo per cui Robert stava correndo in quel modo e sapevano cosa sarebbe successo di lì a poco. Sorrisero.”