Recensione: Nel peggiore dei casi – Quanto di peggio possa accadere
“Nel peggiore dei casi”
di Helen Fitzgerald
Tradotto da Alba Mantovani
Brioschi Editore
Mary Shields, la protagonista del romanzo di Helen Fitzgerald, ha lavorato nella giustizia criminale come assistente sociale per trent’anni e, forse perché non riesce a scindere la vita familiare da quella lavorativa, a un certo punto si trova a soffrire di ansia sempre più profonda, di una crescente dipendenza dall’alcol e di attacchi di panico, situazioni tipiche a cui sono sottoposte le persone che hanno bisogno di un assistente sociale.
Proprio a causa della sua ossessione nei confronti di uno dei suoi assistiti, commette errori su errori, pur di ottenere giustizia. Ecco spiegato, quindi, perché nel titolo “Nel peggiore dei casi”si allude a quanto di peggio possa accadere nella vita.
L’uxoricida Liam Macdowall, affidato a Mary, mentre era in carcere aveva scritto un libro dedicato alla moglie, spiegando i motivi che lo avevano spinto al delitto. Grazie a quel libro, lui era diventato non solo famoso, ma soprattutto il paladino dei diritti degli uomini. Quando Liam si suicida, viene data la colpa a Mary, che diventa perciò “la misandra del mese” e viene definita in un blog “l’esempio perfetto di tutto ciò che è odioso, ingiusto e brutto che è al mondo”.
L’editore di Liam, infatti, aveva scatenato una campagna d’odio contro Mary, che purtroppo agisce in modo sbagliato e, per colpa sua, marito e figlio, pur essendo innocenti, vengono condotti in prigione.
La lettura di questo romanzo non lascia certo indifferenti, dal momento che non è soltanto un thriller psicologico, ma affronta anche molti temi di contenuto sociale ed estremamente attuali, fra cui le lotte per l’uguaglianza di genere, il ruolo genitoriale e le conseguenze negative cui sono sottoposti coloro che non riescono a separare la vita privata da quella professionale.