Recensione: Napoli prima di Napoli. - Il mito della sirena, Augusto come Ulisse Recensione: Napoli prima di Napoli. - Il mito della sirena, Augusto come Ulisse
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Recensione: Napoli prima di Napoli. – Il mito della sirena, Augusto come Ulisse

Recensione: Napoli prima di Napoli. - Il mito della sirena, Augusto come Ulisse Recensione: Napoli prima di Napoli. - Il mito della sirena, Augusto come UlisseNapoli prima di Napoli,
Mito e fondazioni della città di Partenope
di Emanuele Greco e Daniela Giampaola
Salerno Editore

Cosa era Napoli prima di Napoli? Per trovare risposta bisogna andare molto indietro nel tempo, Napoli è una delle città più antiche dell’Occidente. Le sue radici affondano in un passato fatto di leggende, miti e luoghi remoti.

Percorrendo la città, tra gli antichi resti delle mura ancora visibili a Piazza Bellini o quelli che sono venuti fuori dagli scavi della metro di Piazza Municipio, si può intuire parte della sua storia. Ma la risposta vera la si trova semplicemente guardando il mare, lì dove tutto è iniziato e da dove i Greci arrivarono, attratti dalla bellezza e dal clima di quell’antico luogo.

Al centro di tutte le leggende sulle origini della città di Napoli è infatti la sirena Partenope che, come racconta il mito, affranta per l’astuzia di Ulisse sfuggito alla malia del canto delle sirene, si sarebbe tolta la vita e il suo corpo sarebbe andato alla deriva fino a incagliarsi sugli scogli dell’isolotto di Megaride, dove oggi sorge il Castel dell’Ovo.

Secondo una versione meno leggendaria, Partenope sarebbe stata una bellissima fanciulla, figlia del condottiero greco Eumelo Falevo partito alla volta della costa campana, per fondarvi una colonia; ma una tempesta colpì la nave, provocando la morte di Partenope, in suo omaggio dunque fu dato il nome alla nascente città.

Proprio là dove giaceva il corpo di Partenope, tra le acque del mare di Napoli, i Greci approdarono, attratti dal clima salubre e dalla bellezza del luogo, decisero di stabilirsi e di consolidare il loro insediamento tra le numerose grotte di tufo dell’epoca. I coloni lavorarono a lungo per rendere la loro posizione sempre più stabile creando Partenope, una piccola civiltà.

Circondata su tre lati dal mare, il futuro era molto promettente, data l’ottima posizione difensiva ottenuta. Eventuali nemici non avrebbero potuto insidiarla né da terra né da mare. In questo clima di serenità la città crebbe per qualche secolo.

Successivamente questo antico borgo assunse il nome di Palepolis (città vecchia), mentre a pochi chilometri di distanza, verso Est, veniva fondata Neapolis (città nuova), un nuovo e più grande centro, fortificato e dotato di un ampio porto.

L’attuale nome della città fu attribuito il 21 dicembre del 475 a.C. Questa è una data simbolica perché coincide con il solstizio d’Inverno. Era abitudine degli antichi porre la prima pietra di una città in concomitanza con importanti fenomeni astrali.

Questo libro che sembra un racconto, scritto a quattro mani da due archeologi di fama: Emanuele Greco e Daniela Giampaola, cerca di ricostruire la storia di Napoli dalle origini all’eta augustea, facendo interagire correttamente i testi, rivelatori quasi sempre di eventi della storia politica, che spesso non hanno una ricaduta materiale, e i dati archeologici che sono invece espressione vitale della vita quotidiana e che servono a descrivere un altro tipo di storia.

Far dialogare e interagire le due documentazioni, non sempre è semplice e non avviene quasi mai in maniera meccanica. Vale la pena di ricordare che la conoscenza archeologica di Napoli, tuttora lacunosa, era tutta affidata a due tragici eventi, il colera del 1884 e il terremoto del 1980, che diedero origine a estesi cantieri di scavo.
Tra i due fatti, quasi il nulla, salvo qualche sporadica e casuale scoperta, determinata soprattutto dai bombardamenti della seconda guerra mondiale.

Nuove e più complesse testimonianze sono venute alla luce negli ultimi anni, durante gli scavi della rete metropolitana. Questi hanno reso possibile riscrivere profondamente la storia della città fino all’età romana, augustea, epoca a cui rimanda, per esempio, la spettacolare scoperta del santuario dei Giochi Isolimpici.

Il mito della sirena è tuttavia sempre presente nell’immaginario popolare napoletano. Interessante un documento su cui il libro pone l’accento nelle sue ultime pagine, ricavato da un passo di Solino, grammatico del II-III secolo d.c., il quale scrive che “Parthenope (la città) prende il nome dal sepolcro della Sirena Partenope, nome che in seguito Augusto preferì fosse Neapolis”.

Questo documento ed altri successivi che riportano il passo, testimoniano forse un uso intellettuale del nome della sirena per indicare la città. Augusto tuttavia preferisce conservare il nome ormai usato da tempo, Neapolis, invece che quello derivato da un mostro, la donna uccello, che cozza con la visione irenica del mondo trasmessa dall’Ara Pacis e da tutta l’età augustea.

Questo delicato lavoro di ricerca su più fonti e di interpretazione delle stesse, collegate alle scoperte archeologiche recenti, è la chiave del fascino di questo libro, una lettura che diviene una continua scoperta, una catena di geniali intuizioni via via confermate dai dati raccolti.

La povera sirena bistrattata da Ulisse, così come da Augusto, resterà tuttavia sempre cara alla città di Napoli, proprio per la sua natura mutevole e sfuggente, nostalgica e incantevole allo stesso tempo.

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