Recensione: “Memorie di Lucy Kalika” – La vera memoria si costruisce con i libri
Memorie di Lucy Kalika
Odessa. Vicolo Avchinnikovsky 7
di Lucy Kalika
Curatrice Edda Fogarollo
Mursia Edizioni
All’inizio del libro Lucy Kalika, facendo riferimento alla versione inglese del 2013, dice che sono passati 69 anni da quando Odessa è stata liberata dall’occupazione nazista tedesca e lei, la madre e la sorella di poco più grande, hanno potuto lasciare il loro rifugio, una cantina segreta nella loro abitazione a cui si accede tramite una botola nascosta da un divano.
Sono state nascoste lì per 820 giorni. 820 giorni nelle viscere della terra.
La speranza di poter uscire e poter, finalmente, rivedere la luce, ha permesso l’impossibile.
Nella prefazione del Prof. Francesco Berti a un certo punto possiamo leggere:
“A fronte dei milioni che, per paura e indifferenza, non si opposero all’opera distruttrice dei nazisti, oppure che l’appoggiarono per convinzione ideologica, si staglia, luminoso, l’esempio dei giusti che, come ha scritto Gabriele Nissim, non hanno potuto, non possono e non potranno mai, da soli, cambiare il mondo, ma sono sempre in grado di “salvare la speranza nell’umanità”.
Fino alla fine dei suoi giorni nel 2015 Lucy non ha smesso di chiedersi come sia potuto accadere che loro tre fossero sopravvissute mentre migliaia e migliaia di ebrei persero la vita.
Sì, loro sono sopravvissute.
Lucy elencherà tutti gli eventi fortuiti, la determinazione, l’istinto e, al caso, persino una buona dose di faccia tosta che, salvandola di volta in volta da alcune situazioni, hanno impedito, in ogni circostanza elencata, una fine orribile.
Le figlie di Lucy Kalika, aggiungendo due loro pagine di ricordi dopo la bellissima prefazione del Prof. Francesco Berti e l’illuminante introduzione della Prof.ssa Edda Fogarollo, si sorprendono per le non comuni doti di scrittura della loro madre.
Lucy possiede il dono della freschezza della scrittura e della capacità descrittiva di luoghi ed emozioni al punto che sembra quasi di vivere quegli avvenimenti in prima persona.
Lucy si decide a scrivere queste memorie a 84 anni, dopo che per una vita intera le son bruciate dentro tutte quelle posizioni negazioniste della Shoah ancora in essere.
Desiderava che la gente fosse consapevole.
Non aveva ancora 18 anni quando, nel 1941, subito dopo il suo diploma, la situazione a Odessa precipitò.
Lucy lo descrive come il giorno del terrore.
Lucy scrive: “Un nostro vicino implorò i soldati di non impiccarlo davanti a sua moglie e ai suoi figli. Non gli rifiutarono “il favore”. Gli spararono infatti, assieme a sua moglie e ai suoi figli”.
Ricorda di come sia riuscita a scappare, per istinto, da un soldato tedesco che la seguiva sparando e che solo in seguito, a mente fredda, si è resa conto che volesse abusare di lei.
Ricorda di tutte le volte che, per circostanze fortuite, ha evitato quelle fini orribili riservate a molti altri ebrei compagni di sventura, uccisi per impiccagioni o bruciati vivi in alcuni capannoni.
Lucy, la madre e la sorella sono state sempre determinate a non salvarsi da sole e ad aspettarsi tra loro. E, se in determinate circostanze avessero preso la strada in solitaria, gli eventi che seguirono hanno dimostrato che non avrebbe condotto alla salvezza.
Il loro è un racconto corale e non mancano di ringraziare le sorelle Olga ed Elena Kantorovich, le vicine di appartamento che spingevano quel divano che copriva la botola del loro rifugio e permettevano i vari approvvigionamenti.
A proposito di cibarie e di aiuti, Lucy non manca di ringraziare Sonya, una normale donna ucraina capace di tanto eroismo e che, con le sue azioni, ha salvato ben 10 vite umane.
Il libro si avvale di una ricca documentazione fotografica, di alcune rassegne stampa, delle lettere di alcuni lettori e, persino, di un’altra testimonianza.
Ed è bello concludere con le parole di questa testimonianza:
“La vera memoria si costruisce con i libri, con libri come questo”.