Recensione: Marionette - l'irresponsabilità del caso Recensione: Marionette - l'irresponsabilità del caso

Recensione: Marionette – l’irresponsabilità del caso

Recensione: Marionette - l'irresponsabilità del caso Recensione: Marionette - l'irresponsabilità del casoMarionette
di O. Henry
Tradotto da Elena Racca Bruno
PaginaUno Editore

“Marionette”, di O. Henry, è un piccolo grande libro all’interno del quale sono contenuti 6 racconti i cui protagonisti sono sempre diversi, ma con la comune caratteristica di essere dei reietti della società e come tali inconfondibilmente “veri”.

È un libro piccolo per dimensione, ma grande per l’umanità che dai vari personaggi traspare, un’umanità raccontata dall’autore con un’ironia tale da farceli sentire vicini e perciò indimenticabili.

Come ci dice il vocabolario nella definizione, in senso figurato, del termine marionetta, ognuno di loro è una persona senza carattere e come tale agisce per volere e impulso altrui o comunque con leggerezza. Tuttavia, andando oltre il suddetto significato, alla fine della lettura delle peripezie narrate dall’autore con grande maestria e bonaria ironia, ci rendiamo conto che in fondo in fondo ciascuno di noi desidera a volte essere una marionetta e come tale non essere ritenuto responsabile di ciò che fa.

“Ai suoi occhi la Legge era più benigna della Filantropia”, è il pensiero dell’orgoglioso Soapy, per il quale “i doni della carità sono imbarazzanti” e preferisce fare di tutto per farsi arrestare, invece di rifugiarsi in un centro di accoglienza.

Indimenticabili sono le descrizioni di alcuni personaggi, come quella dell’affittacamere, che al giovane in cerca di una stanza ma in realtà di una donna che lui amava e di cui si era persa ogni traccia, “ricordò un verme grasso e viscido che avesse divorato una noce” e “tutta intenta a riempire di inquilini commestibili lo spazio vuote rimastole”.

Altrettanto indimenticabile è il racconto di ciò che succede in un piccolo quartiere di Washington Square, dove “un freddo e sconosciuto visitatore a cui i dottori davano il nome Polmonite” miete vittime introducendosi “furtivamente nella colonia, toccando uno qui uno là con le sue dita di ghiaccio”.

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