Recensione: “Lupo Nero” – Sempre quando si narra una favola, cala la notte.
Lupo Nero
di Antoine Guilloppé
Carmelozampa edizioni.
“Questa è la mia vita e non è una favola (…) Io devo andare nel bosco, devo incontrare il lupo, altrimenti la mia vita non avrà mai inizio” C. Pinkola Estès.
Sempre quando si narra una favola, cala la notte. Iniziare un racconto fa sì che un cielo nero e una falce di luna spuntino nell’immaginario di chi ascolta. Ma le storie non sono quasi mai mero intrattenimento, esse sono sempre cariche di energia archetipa e conducono verso la “morale della favola”, la luce, l’illuminazione, il bianco.
Il bianco e il nero, sono colori-non colori, contengono tra loro l’intero intervallo cromatico, come l’alfa e l’omega. Sono gli estremi di uno stesso universo. La simbologia di questi due colori è potente.
Per Jung il nero è il colore che genera e partorisce la vita: “Il nero è il colore delle origini, degli inizi, degli occultamenti nella loro fase germinale, precedente l’esplosione luminosa della nascita”.
Kandinskij al contrario, facendo un parallelo tra musica e colori, pensa al bianco come a un “nulla giovane”, un grande silenzio, una pausa musicale. Il bianco come luogo delle possibilità, della nascita, come una tela non ancora dipinta. Il nero di contro rappresenta il silenzio finale, “la pausa conclusiva”, un nulla senza nessun altro futuro.
Proprio tra i silenzi del bianco e del nero nasce il silent book Lupo Nero.
Un libro senza parole dedicato soprattutto all’infanzia, dove la narrazione si sviluppa attraverso i disegni di Antoine Guilloppé. I silent book sono libri capaci di superare le barriere linguistiche e di arrivare in maniera diretta e arcana alla parte più profonda di chi sfoglia le loro pagine.
Lupo Nero lavora su più dimensioni di lettura, con immagini immediatamente riconoscibili e, soprattutto, ben ritmate tra loro, mette in campo le angoscie più antiche: il buio, il bosco, il lupo…
Il “silenzio” della parola fa spazio alle personali paure dei singoli lettori. Non si impiega molto ad arrivare in fondo alla storia, ma in quel breve lasso di tempo, avvengono avventure, confronti, riflessioni. Ci si apre alla crescita, mentre si affronta il proprio batticuore.
La sagoma di un lupo è costruita a partire dalla lama dei suoi occhi bianchi su fondo nero, cresce camminando lì dove c’è l’ombra e viene alla luce nel forte, drammatico contrasto cromatico con la paura di un bambino.
Come non restare coinvolti di fronte a un primo piano del lupo o a un paesaggio notturno di un bosco in bianco e nero? La tensione incalza quando le due entità l’una bianca, l’altra nera, il lupo e il bambino, sembrano entrare in conflitto e arrivare a ferirsi. Il ritmo della storia diviene vertigine e non può che avvicinarli in una eterna antichissima danza che li conduce al finale inatteso.
Come in una profezia il colore bianco esplode ovunque. Pulite, taglienti, accattivanti, le tavole dei disegni catturano lo sguardo, il contrasto tra bianco e nero è sfruttato splendidamente.
Da sempre questo contrasto ha incarnato valori positivi o negativi, il bene o il male, rispondendo bicromaticamente alle prime domande che l’uomo si è posto. L’autore tuttavia, forzando la simbologia tradizionale ci invita a cambiare sguardo e prospettiva.
Perchè se è vero, come affermava Kandinskij, che bianco e nero sono due silenzi, due pause, è pur vero che una pausa finale può coincidere con quella iniziale di una vita nuova. Così si comprende la morale della favola: trovare il coraggio di andare nel bosco, incontrare il lupo e continuare a vivere a colori.
Antoine Guilloppé è nato a Chambéry. Dopo aver studiato alla scuola Emile Cohl di Lione, è passato all’illustrazione per bambini. Attualmente vive a Parigi. Ha illustrato numerose copertine di romanzi. Pubblica album per l’infanzia come autore-illustratore, tra cui Georges and Rose, Akiko the Curious, Loup Noir e Pleine Lune. Molti dei suoi libri hanno ricevuto premi letterari.