Recensione: “Luigi Proietti detto Gigi”, Edoardo Leo si misura con l’istrionico Mandrake
E pensare che a teatro, lui, non ci doveva finire. Suo padre lo voleva avvocato, lui era lanciato nella carriera di cantante. Luigi Proietti detto Gigi, generalità anagrafiche che danno il titolo anche al docufilm diretto da Edoardo Leo, nasce nel giorno dei Morti del 1940 e già a tre anni intratteneva i soldati in cambio di cioccolata, ma non aveva idea di quel talento che avrebbe costituito la sua grande fortuna.
Luigi Proietti detto Gigi, al cinema dal 3 al 9 marzo, doveva, nelle intenzioni del regista, analizzare lo spettacolo più iconico dell’artista romano, ovvero A me gli occhi, please! nato nel 1976 e più volte revisionato, ampliato e rivisitato, diventando Come mi piace nel 1983, Leggero Leggero nel 1991, Prove per un Recital nel 1996 e infine Io, Tòto e gli altri nel 2002. Doveva, appunto, perché nel 2020, in un anno che non dimenticheremo facilmente e sempre nel giorno dei Morti, Gigi Proietti ci lascia.
Edoardo Leo si trova, con la morte di Proietti, davanti a un bivio: abbandonare le riprese o allargare il campo del suo lavoro al personaggio nella sua interezza? Un colloquio con la famiglia dell’artista lo convincerà a percorrere la seconda strada.
E allora Luigi Proietti detto Gigi diventa, inevitabilmente, un documentario sul mito, su Gigi Core de Roma al punto da finire sui murales dei quartieri. Ripercorriamo così la carriera e la vita di Proietti, attraverso documenti e soprattutto le voci della sua famiglia, dei suoi collaboratori, di artisti che da lui sono stati ispirati. Si susseguono davanti alla macchina da presa Renzo Arbore, Lello Arzilli, Paola Cortellesi, Fiorello, Alessandro Fioroni, Alessandro Gassmann, Marco Giallini, Loretta Goggi, Tommaso Le Pera, Nicola Piovani, Anna Maria Proietti, Carlotta Proietti, Susanna Proietti e Mario Vicari. Una impressionante carrellata di volti, sensibilità, generazioni differenti.
Una lunghissima carriera, quella di Gigi Proietti, cominciata come ricordato nella musica, ma esplosa nel teatro, a partire dal 1963 con il Can Can degli Italiani. La sua passione, il teatro sperimentale, l’accento colto che gli farà prediligere le rappresentazioni di Moravia e Gombrowicz presso il Teatro Stabile de L’Aquila e qualche apparizione nel cinema, lavorando tra gli altri con Tinto Brass e Ugo Gregoretti. Salvo poi esplodere nel 1970, sostituendo Domenico Modugno al Sistina in Alleluja brava gente: sarà l’abbraccio con il teatro popolare e il grande pubblico, da cui mai più si separerà, nonostante le critiche di qualche trinariciuto radical chic.
Luigi Proietti detto Gigi è un viaggio nel cuore pulsante di un artista innamorato del proprio lavoro e più in generale dell’arte, capace di essere altrettanto grande e istrionico sul palco e fuori, al punto da comprare un ristorante perché non c’è spettacolo senza la cena dopo. Intrattenere i suoi commensali, per Gigi, era importante così come catturare il pubblico dei teatri. È la grandezza dell’uomo che lo rende un immenso protagonista dello spettacolo.
Proietti salverà il Brancaccio, salvo poi vederselo scippare, e fonderà il Globe, teatro del popolo ispirato a quello shakesperiano. Perché il teatro, come il giocatore dei cavalli mirabilmente descritto nel monologo in Febbre da cavallo, “more, azzarda, spera e rimore”. Luigi Proietti detto Gigi alterna materiali inediti, repertori introvabili e cavalli di battaglia indimenticabili, fino alla sua ultima, commovente intervista, tratteggiando l’artista che Roma ama, il cinema spesso ha snobbato, che ha fatto televisione senza uscirne ridimensionato (perfino nella fiction, con Il Maresciallo Rocca) e che, soprattutto, è rimasto sempre coerente con sé stesso, fino alla beffa finale, degna del miglior Mandrake, di uscire di scena nel giorno dei Morti, il suo ottantesimo compleanno.
Nato da un’idea di Edoardo Leo, il documentario, presentato in anteprima all’ultima Festa del Cinema di Roma, è prodotto da Fulvio, Federica e Paola Lucisano con Paola Ferrari e Edoardo Leo.
Luigi Proietti detto Gigi è distribuito al cinema da Nexo Digital con i media partner Il Messaggero, Radio Capital e MYmovies.it.