Recensione: "Lucia Bosè. L’ultimo ciak" - Una diva priva di divismo Recensione: "Lucia Bosè. L’ultimo ciak" - Una diva priva di divismo
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Recensione: “Lucia Bosè. L’ultimo ciak” – Una diva priva di divismo

Recensione: "Lucia Bosè. L’ultimo ciak" - Una diva priva di divismo Recensione: "Lucia Bosè. L’ultimo ciak" - Una diva priva di divismoLucia Bosè. L’ultimo ciak
di Laura Avalle
Morellini Editore

Il volto bello e giovane di un’Italia del secondo dopoguerra piena di speranza che guardava al futuro, i capelli blu di una donna che con un semplice colore sfidava l’ageismo di chi vorrebbe vedere alcune dive perse nel ricordo del loro passato: Lucia Bosè non è stata solo una ragazza dalla grazia incantevole, bensì anche una donna sempre in anticipo sui tempi e senza paura di rompere quelle regole che la relegavano in un ruolo subalterno rispetto all’uomo, regole a cui lei aveva deciso di disubbidire.

Laura Avalle ci ripropone tutto questo nel suo libro “Lucia Bosé. L’ultimo ciak” per Morellini Editore, un omaggio dedicato alla diva scomparsa nel 2020 e che quest’anno avrebbe compiuto novant’anni, nato dal documentario omonimo di Davide Sordella, con il quale si è compenetrato. Nel libro Lucia parla di sé in prima persona, si svela con semplicità e schiettezza, ma è anche Sordella che la guarda e la racconta, la definisce “perla” e ci regala un ritratto vivo e delicato al tempo stesso.

Lucia Bosè nasce nel 1931, in un’Italia fascista dove il destino della donna è tutto nella cura della casa e dei figli, e vive la Seconda Guerra Mondiale con il trauma della sua casa di bambina distrutta dalle bombe. Tuttavia, il suo sguardo allegro e la sua bellezza diventano il simbolo di una nazione che ha voglia di iniziare una nuova vita ed è così che nel 1947 diventa Miss Italia. Da quel momento, la sua vita cambierà notevolmente, iniziando il suo nuovo percorso da Cinecittà, diventando musa di grandi registi come Visconti e Antonioni.

Il matrimonio con il torero Dominguìn la porterà poi ad abbandonare la carriera e l’Italia per seguire l’amore in Spagna e diventare madre di Miguel, Paola e Lucia. Il mondo di luci e patinato in cui si trovò a vivere, però, non le dette la felicità sperata e dopo molti, forse troppi alti e bassi, dalla giovane ragazza nacque la donna forte e decisa non più disposta ad accettare il ruolo di moglie tradita e connivente.

Lucia vive in una Spagna cattolica e franchista dove le donne avevano pochi diritti, e soprattutto, una volta mogli, non potevano praticare quasi alcuna attività economica, non avevano diritto di proprietà privata, né di viaggiare da sole. In un contesto simile un divorzio equivaleva quasi a un suicidio sociale, tanto più se i riflettori non smettevano di puntarle addosso, ma nel 1968 Lucia Bosè non solo ottenne il divorzio, continuò a vivere a testa alta in una realtà che la stava mettendo alla gogna.

La ribellione al regime, un testa a testa con un torero che si riteneva invincibile nell’arena e nella vita, che avrebbe voluto privarla persino dei figli, di cui, alla fine, lei ottenne la custodia, anche se non il mantenimento. Un amore per la propria vita e per quella che aveva creato che non la faceva arretrare davanti a niente e che tanto raccontava di quella ragazza sorridente che anni prima sfilava in mezzo alle altre. A questo si aggiungeva l’amore per il cinema, che con il cuore non aveva mai lasciato, e che abbracciò nuovamente tornando sugli schermi con Fellini, Taviani e Özpetek.

Un’esistenza scorsa tra alti bassi, momenti di successo alternati da altri di frustrazione, sfide non volute ma dalle quali non si è tirata indietro, e una grande passione per qualunque cosa la vita potesse offrirle.

Laura Avalle ci propone un testo tra romanzo e biografia di una diva priva di divismo e ricca di personalità, dalle cui esperienze scaturisce una riflessione sul ruolo della donna in un Occidente dove ancora doveva combattere per difendere il proprio valore e i propri diritti. Un esempio per qualunque donna, senza differenza di origine né di età, in un momento storico come questo, dove ancora in troppe realtà la figura femminile è oggetto di discriminazione e svilimento.

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