Recensione: “Le dodici vite di Alfred Hitchcock” – Un regista e la sua icona
Le dodici vite di Alfred Hitchcock
di Edward White
traduzione di Camilla Pieretti
Il Saggiatore
Iconica è la sagoma nera, che si avvicina accompagnata da un sottofondo musicale leggero ma misterioso, e la voce lenta e sospesa, in Italia quella di Carlo Romano, che lasciava ancora più dubbi e turbamenti di quelle create dalle sue stesse storie. Alfred Hitchcock non era un semplice regista, bensì un vero artista inquieto come tanti hanno attraversato e reso viva la cultura occidentale come Kafka, Stevenson, Poe, dando alla regia lo stesso valore della penna, e facendo di un film un’opera attraverso cui raccontare i labirinti della mente che sfociano in paranoie e ossessioni.
Come Alfred Hitchcock scomponeva l’umanità attraverso uno sguardo acuto e spietato per guardarne ogni sfaccettatura, da quella dell’apparente quieta normalità univoca per arrivare a scomporla nelle sue tante identità. Questa molteplicità dell’essere umano ricercata in maniera meticolosa era un riflesso anche della sua stessa natura, ed è questa molteplicità che analizza Edward White nel suo libro “Le dodici vite di Alfred Hitchcock”.
Strutturato in dodici capitoli, uno per ogni aspetto proposto e scandagliato, il libro offre al lettore la possibilità di conoscere il grande regista oltre la macchina da presa, anche se essa ne era come la naturale estensione fisica. Dal broncio e dai capricci da eterno bambino, la figura di Hitchcock si sviluppa come nelle sue tante sfaccettature da quelle più serie a quelle scherzose, senza dimenticare il carisma che lo rendeva un incallito donnaiolo, incarnando così delle versioni di se stesso, in bilico tra verità e finzione, senza mai tracciare linee definite, ma scivolando dall’uno all’altro aspetto con semplicità, così come i personaggi dei suoi film.
Ovviamente, in questa analisi, non viene tralasciato il suo valore artistico, la trasgressione che spesso rappresentava la sua opera tanto da farlo diventare un innovatore del suo genere e renderlo oggetto di ammirazione di registi contemporanei, come lo stesso François Truffaut.
Da “Le dodici vite di Alfred Hitchcock” emerge, così, il ritratto di un artista sfaccettato ma completo, che nella sua complessità aveva ben chiaro il suo obiettivo: raccontare la realtà nelle sue eterne contraddizioni e contrasti fatti di zone d’ombra e luce dell’essere umano. Ne risulta una biografia attenta e meticolosa, ma non noiosa, anzi, ti cattura dalla prima all’ultima pagina, sia per lo stile ben equilibrato di White che nella traduzione di Camilla Pieretti trova la sua espressione, sia per il racconto a tratti cinematografico corredato di foto che rendono il testo ancora più vivo.
A metà tra mistero e rivelazione, “Le dodici vite di Alfred Hitchcock” è una biografia che non può mancare a cinefili o semplici appassionati lettori.