Recensione: “L’apprendista”. La vita di una comunità intorno alla chiesa del paese Recensione: “L’apprendista”. La vita di una comunità intorno alla chiesa del paese

Recensione: “L’apprendista”. La vita di una comunità intorno alla chiesa del paese

Recensione: “L’apprendista”. La vita di una comunità intorno alla chiesa del paese Recensione: “L’apprendista”. La vita di una comunità intorno alla chiesa del paeseL’ apprendista”, di Gian Mario Villalta, edito da Sem, racconta uno scenario di due uomini che tengono in ordine una chiesa di paese.

Inoltre, “L’apprendista”, è appena stato candidato al Premio Strega 2020.

Dentro la chiesa, in un piccolo paese del Nord-Est, è quasi buio, la luce del mattino non riesce a imporsi. Un uomo, Tilio, sta portando via i moccoli dai candelieri, raschia la cera colata, mette candele nuove. Sistema tutto seguendo l’ordine che gli hanno insegnato, perché si deve mettere ogni cosa al suo posto nella giusta successione. Parla con se stesso, intanto, in attesa che sulla scena compaia Fredi, il sacrestano. Tra una messa e l’altra i due sorseggiano caffè corretto alla vodka. Così inizia il teatro di una coppia di personaggi indimenticabile, che intesse nei pensieri, nei dialoghi e nei racconti un intreccio vertiginoso di vicende personali, desideri, rimpianti e paure che convocano la vita di tutto un paese, in una lingua che fa parlare la realtà vissuta.

Fredi, il sacrestano, è stato nell’esercito come suo padre, si doveva sposare, ha lasciato tutto, è andato a fare il missionario in Giappone, poi è tornato. Tilio, l’apprendista sulla settantina, è un ex operaio rimasto vedovo con un figlio ricco con cui non va d’accordo. Nei loro sommessi dialoghi affiorano il passato, le scelte compiute, l’atmosfera soffocante del paese, i dubbi sulla religione, la sensazione che il mondo stia cambiando in peggio. Tra un funerale e un matrimonio, tra il passaggio di un prete e l’altro, il rapporto tra i due diventa un’amicizia.

Si può dire che ci sia un grande impatto teatrale nel “L’apprendista”. L’azione del romanzo si svolge quasi tutta all’interno di una chiesa eppure il modo di concepire la religione di Fredi e Tilio è problematico, sono un sacrestano e un apprendista sacrestano molto particolari. Un libro che parla anche della comunità che ruota intorno ad una chiesa di paese, con forme di relazione diverse tra loro.

Gian Mario Villalta, ha scritto poesie tra cui ricordiamo “Vanità della mente”, Premio Viareggio 2011 e Telepatia, Premio Carducci 2016. Alla poesia ha dedicato attenzione critica con numerosi interventi su rivista, nel web e nel volume “Il respiro e lo sguardo”. Un racconto della poesia contemporanea (Rizzoli 2005); un’esperienza importante è stata la cura del “Meridiano”, “Le poesie e prose scelte” (con Stefano Dal Bianco), e del doppio Oscar che raccoglie gli “Scritti sulla letteratura del grande poeta veneto”. Il suo ultimo romanzo, “Bestia da latte” (SEM 2017) trova in questo libro un suo inatteso compimento.

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